Pavia

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    Tra Pavia e Cremona, il triangolo perfetto per le nuove centrali a fusione nucleare. Un report

    Un impianto a fusione nucleare (immagine prodotta da Ai)

    Uno studio a livello europeo commissionato da Gauss Fusion identifica centinaia di potenziali siti per centrali a fusione in nove paesi. Questo studio, durato un anno e condotto in collaborazione con l’Università Tecnica di Monaco (TUM), mappa i distretti industriali e i siti energetici esistenti adatti
    per la prima generazione di centrali a fusione in Europa. Per l’Italia sono state identificate alcune zone. Per quanto riguarda l’Italia, 7 hub sono nelle regioni settentrionali localizzati tra Milano, Cremona e Venezia, “un corridoio strategico che unisce forte densita’ industriale, adeguata capacita’ di rete e la presenza di infrastrutture energetiche gia’ consolidate”.

    La mappa del nord Italia e le aree (in verde) idonee per i nuovi impianti a fusione nucleare

    L’area di Cremona, dice lo studio, ha caratteristiche particolarmente favorevoli grazie alla prossimità a rilevanti stazioni elettriche ad alta tensione. Nel Sud Italia sono stati inoltre individuati 15 cluster di dimensioni più contenute, localizzati prevalentemente in prossimità delle aree costiere, che rappresentano ulteriori opportunità di sviluppo in una logica di riequilibrio territoriale e valorizzazione delle infrastrutture esistenti. L’aria di potenziale intervento, come si vede da questa mappa, riguarda anche il territorio di Pavia e in particolare la zona lungo il Po (l’indicazione della città di Pavia è stata aggiunta per chiarezza rispetto alla mappa originale: ciò che interessa sono le aree in colore verde, ossia quelle idonee per le centrali).

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    Ponte Coperto e rotatoria, le ottime ragioni della Fiab e di chi difende bici e pedoni

    Ciclisti e pedoni sempre a rischio (Immagine generata con l’Ai)

    Le proteste della Fiab e i dubbi di alcuni consiglieri comunali sulla trasformazione dell’incrocio del ponte coperto in rotatoria hanno un senso. Non tanto per il progetto in sè, che pure è discutibile, ma per i precedenti di cui Pavia è specialista. Ci sono diverse rotatorie che sono diventate un pericolo per ciclisti e pedoni non fosse altro per il fatto, ormai consueto, che le strisce pedonali sono disegnate pochi metri dopo la rotatoria stessa, in uscita, mettendo in serio pericolo i pedoni. Va poi detto che nessuno, o quasi, rispetta il principio del dare la precedenza a chi è nella rotatoria, anche perché le mini-rotatorie sono difficili da interpretare. Esempi? La rotatoria di viale Ludovico il Moro, quella di viale Cremona (una follia), quella di via Solferino con Strada Paiola, e si potrebbe andare avanti.

    L’obiettivo è giustamente quello di rallentare la velocità delle auto (ma con le mini-rotatorie non avviene) e di evitare code semaforiche. Il tutto, spesso se non sempre, dimenticandosi pedoni e ciclisti. Ma dico, ai chi disegna questi progetti, si è mai provato ad attraversare le strisce in prossimità di una rotatoria? E ancora: avete mai visto un’automobilista rallentare in vista di un ciclista? E’ molto probabile che chi disegna le rotatorie si muova sull’auto di servizio o molto banalmente se ne freghi di pedoni e ciclisti. O sia allievo di chi ha disegnato la viabilità del parcheggio Carrefour.

    Pavia a colori ci piace, basta che il colore non sia rosso sangue.

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    Pavia, record negativo: i cittadini pagano la Tari più alta della Lombardia (3,6% di aumento in un anno)

    E’ stata pubblicato oggi il report di Cittadinanza Attiva sulla gestione dei rifiuti in Italia. Un dato su tutti: Pavia ha la Tari più alta della Lombardia, con una crescita di circa il 3,6 per cento rispetto allo scorso anno. Per quanto riguarda il dato nazionale, nel 2025, la spesa media nazionale per la gestione dei rifiuti urbani è pari a 340 euro all’anno, in aumento del 3,3% rispetto al 2024 (329 euro). Le tariffe crescono – in misura differente – in tutte le regioni, ad eccezione di Molise, Valle d’Aosta e Sardegna, e in ben 95 dei 110 capoluoghi di provincia. In Lombardia una famiglia paga in media 262 euro, un aumento del 3,1% rispetto ai 254 euro del 2024. Cremona è meno cara con una tariffa media di 196 euro.

    In crescita ovunque anche la raccolta differenziata, che nel 2023 si attesta al 66,6% dei rifiuti prodotti (era il 65,2% nel 2022), In Lombardia si attesta al 73,9%. Restano marcate le differenze territoriali, con il Nord dove la spesa media si attesta sui 290 euro l’anno e una raccolta differenziata che raggiunge il 73% dei rifiuti prodotti; segue il Centro dove le famiglie spendono in media 364 euro, mentre si differenzia il 62% dei rifiuti; sempre fanalino di coda il Sud con una spesa media di 385 euro l’anno e una raccolta differenziata ferma al 59%.

    Le regioni più economiche sono il Trentino-Alto Adige (224 €), la Lombardia (262 €) e il Veneto (290 €), mentre le più costose restano la Puglia (445 €), la Campania (418 €) e la Sicilia (402 €).
    Catania
    è il capoluogo di provincia dove si spende di più, 602 euro; Cremona quello più economico con 196 euro in media a famiglia.

    Pavia, la più cara

    Come detto, in Lombardia è Pavia ad avere il costo più alto della Tari, con 302 euro medi annui a famiglia rispetto ai 291 del 2024 e un aumennto, come detto, del 3,6 per cento. Questa la tabella di sintesi:

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    Un’altra classifica: la provincia di Pavia peggiore in Lombardia per qualità della vita

    Ogni volta che qualche quotidiano pubblica una classifica di province o capoluoghi di provincia, mi vengono i brividi. L’ultima analisi, sulla qualità dei servizi pubblici, ha lasciato l’amaro in bocca con Pavia città al 73esimo posto. I dati erano stati pubblicati da Il Sole 24 Ore sulla base di un lavoro svolto da alcuni ricercatori con l’università La Sapienza. Stavolta il quotidiano economico Italia Oggi piazza Pavia provincia, per la qualità della vita, in 58esima posizione, otto posizioni peggio dello scorso anno, ultima tra le province lombarde. Tra le varie classifiche parziali, che compongono la principale, da segnalare negativamente la 64esima posizione di Pavia provincia per quello che riguarda il tasso di occupazione 18-64 anni: nel 2024 la posizione era la 45esima. Anche qui, i peggiori della Lombardia. E potrei proseguire, ma acquistate Italia Oggi che è la cosa migliore da fare. Detto questo, alcune esaltazioni della provincia di Pavia (anche della Provincia, con la “P” maiuscola), sono tutte da rivedere. Andiamo male, lo confermano i numeri. Il resto, come sempre, sono chiacchiere.

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    Qualità della pubblica amministrazione: il capoluogo Pavia in 73esima posizione

    Servizi pubblici, Pavia non è messa benissimo

    Pavia soltanto 73esima. Decisamente, si poteva fare meglio. Ma al di là delle polemiche relative ai ponti sul Naviglio, ai dirigenti più o meno licenziati e alle polemiche sull’utilizzo delle risorse pubbliche, i numeri sono come al solito l’unica risorsa che, se utilizzata correttamente, fornisce un quadro preciso dello stato dell’arte. E lo stato dell’arte ci dice che su 112 capoluoghi di provincia analizzati attraverso un complesso sistema di parametri (e su un periodo di diversi anni), Pavia rischia di sfiorare la parte bassa della classifica. La ricerca di cui parliamo, presentata l’altro ieri, riguarda il nuovo Indice Maqi sulla qualità dell’amministrazione comunale, sviluppato da ricercatori di Sapienza, Gssi e Istat su 7.725 Enti Locali e mostra che i 112 capoluoghi hanno in media maggiore capacità amministrativa rispetto agli altri Comuni, grazie a personale più istruito e a maggiori margini finanziari. Sul podio delle performance complessive dei capoluoghi sale Sondrio, seguita da Savona e Genova, mentre in coda figurano Isernia, Agrigento e Catania. L’indice, basato su 11 indicatori strutturali, politici e finanziari, evidenzia un chiaro divario Nord-Sud, con gli enti meridionali penalizzati soprattutto su rigidità della spesa, capacità di spesa e riscossione. Nel tempo migliorano livello di istruzione dei dipendenti, capacità di riscossione e flessibilità della spesa, ma continua a ridursi il numero di dipendenti per abitante. Sia chiaro: l’indice Maqui fotografa le caratteristiche tecniche, politiche e gestionali e si riferisce al Municipal Administration Quality Index, ossia un indice composito per misurare la qualità dei governi locali. È un indicatore che valuta aspetti come la qualità burocratica, la capacità, il merito dei politici locali e le prestazioni economico-fiscali dei comuni, coprendo un ampio arco temporale e quasi tutti i comuni italiani. 

    Pavia, dunque, 73esima. Perché questa posizione così bassa? Peggio di Messina, Foggia, Campobasso, Siracusa e Salerno, ossia un confronto perdente con città del nostro sud Italia che, forse con troppa retorica razzista, consideriamo inefficienti per partito preso. Dunque, perché? Innanzitutto, spiega Il Sole 24 Ore, “l’indice misura la qualità della macchina amministrativa, combinando dati sul capitale umano (anni medi di istruzione dei dipendenti pubblici), il turnover del personale (elevata rotazione può compromettere la continuità e le competenze operative), la dotazione organica (numero di dipendenti per 1.000 abitanti) e l’assenteismo (media delle assenze per dipendente)”. Inoltre, “l’indice rileva le caratteristiche strutturali della leadership locale, includendo gli anni di istruzione del sindaco e degli altri rappresentanti (vicesindaco, assessore e presidente del consiglio), la parità di genere negli organi politici e la quota di amministratori con profili white-collar (impiegati, professionisti, manager). Competenze e professionalità politica favoriscono visione strategica, progettualità e legittimazione democratica”.  Infine, “l’analisi valuta anche l’efficacia gestionale, l’autonomia esecutiva e la sostenibilità finanziaria degli enti locali tramite gli indicatori sulla rigidità della spesa (incidenza delle spese fisse sul bilancio), sulla capacità di spesa (rapporto tra spese effettive e accertate) e di riscossione (% raccolta delle entrate) e sulla quota di investimenti in bilancio”.

    Ecco, su questi aspetti Pavia deve migliorare. E di molto. Ma consoliamoci: Lecco, Cremona e Lodi stanno persino peggio. Mal comune (sic), mezzo gaudio.

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    Occupazione, le buone notizie per la provincia di Pavia (quarta in Lombardia)

    Operai in fabbrica (immagine generata con l’Ai)

    Ogni tanto una buona notizia che riguarda la provincia di Pavia. Dove, tra crisi aziendali, lavoratori massacrati dalle logistiche, cantine che si dissolvono al vento lasciando amarezza, rabbia e recriminazioni, spunta però un dato positivo. Pavia, ecco il dato, si piazza in quarta posizione in Lombardia, 32esima in Italia, per tasso di occupazione (popolazione tra i 18 e 64 anni). Con una percentuale del 68,8%, ha davanti a sè Varese, Cremona e naturalmente Milano. E’ un dato, questo, che emerge dalle ultime rilevazioni del Sistema Informativo Excelsior che mostrano anche come in Lombardia sia anche presente, in questa ottima classifica (sopra alla media nazionale del 62,6%), un lavoro di qualità medio alta. Un risultato sicuramente importante che dimostra la forza del sistema economico della regione Lombardia. Qui il tasso di occupazione non solo è superiore alla media nazionale, come detto, ma è addirittura in crescita dello 0,5% sul dato dello scorso anno. A livello provinciale, i tassi di occupazione plù elevati nel primo semestre del 2025 si registrano a Milano (73.3%), Cremona (70,6%) e Varese (69,3%). Questa la tabella riassuntiva:

    La tabella pubblica da Il Sole 24 Ore
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    Autovelox, la Cassazione “salva” ancora chi corre con l’auto (e rischia di ammazzare gente)

    Un incidente stradale (immagine generata dall’Ai)

    La prima riflessione è la seguente: chi se ne importa se l’autovelox è omologato o meno. Poiché rileva la velocità giusta, se l’hai superata ti becchi la multa e stai zitto. Anche perché il limite di velocità, nella stragrande maggioranza dei casi, è a protezione di pedoni e ciclisti. E la storia dell’autovelox “per fare cassa”, è vera solo in piccolissima parte. Basta rispettare le regole, e nessuno fa cassa (non si capisce, per esempio, per quale ragione si debbano superare i 130 km l’ora in autostrada e i 50 km l’ora in città: se qualcuno riesce a giustificarlo, me lo faccia sapere). Fine del pistolotto. E chissenefrega se si muore sulle strade. E buone notizie per chi non rispetta i limiti di velocità. Dal 1° dicembre, infatti, sono valide solo le multe rilevate dagli apparecchi inseriti nella piattaforma del Mit. Resta il nodo omologazione: a oggi i misuratori sono solo approvati. Ma anche qui la Cassazione viene in aiuto di quelli che attraversano il centro storico a 80 km l’ora: la Corte di Cassazione – ricorda un articolo del Sole 24 Ore, torna a ribadire il suo orientamento sul tema. Ossia che non è sufficiente l’approvazione degli autovelox per accertare validamente il superamento dei limiti di velocità, ma è necessaria l’omologazione degli apparecchi stessi. Con l’ordinanza 26521/25 pubblicata il 1° ottobre 2025, la Cassazione ha confermato il principio consolidato quasi 18 mesi fa con l’ordinanza 10505 del 18 aprile 2024 che ha segnato un punto di svolta per i ricorsi degli automobilisti. Per essere considerato a norma, e quindi per poter legittimamente sanzionare gli eccessi di velocità, un dispositivo di rilevamento elettronico deve essere omologato.

    Della vicenda se n’era occupata La Provincia Pavese, con un articolo di Sandro Barberis: “Abbiamo decine e decine di ricorsi pendenti, sia multe prese dai velox dalla Provincia di Pavia sia dai Comuni – spiegava Cristiano Maccabruni, referente pavese di Federconsumatori -. Le ultime sentenze non fanno che aumentare le richieste di ricorso». Un vero e proprio caos normativo. Al punti che l’Anci, l’associazione dei Comuni ed enti locali, tramite il responsabile viabilità parla di «vuoto normativo, qualcuno abbia il coraggio di dire che vanno spenti tutti gli autovelox in Italia». Solo in provincia di Pavia ci sono, tra Comuni e Provincia, 17 postazioni fisse. La stima è di oltre 60mila multe all’anno. Un conto da quasi 10 milioni di euro ogni anno. Sulla pagina istituzionale della Provincia di Pavia, ad esempio, sono allegate tutte le ordinanze per la collocazione dei velox. Ed anche i certificati di approvazione, ma non le omologazioni. Lo stesso vale anche per la pagine istituzionali di Comuni dotati di velox fissi. «Abbiamo chiesto già in diversi ricorsi i verbali di omologazione, ma non abbiamo ricevuto risposte – aggiunge Maccabruni -. Se dopo 60 giorni la prefettura o l’ente titolare del velox non rispondono, la multa decade in automatico. È già successo in molti casi» .”.

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    Sfratti, 529 provvedimenti nel 2024: la provincia di Pavia tra le peggiori in Lombardia

    Un’azione di sfratto con la forza pubblica (immagine realizzata con Ai)

    Sono stati 529 i provvedimenti di sfratto emessi nel 2024 in provincia di Pavia, di cui 432 per morosità, con una media di 11,8 sfratti ogni 1000 famiglie in affitto. Un dato superiore alle media italiana, che si è attestata sui 9,3 sfratti ogni 1000 famiglie, ma anche superiore – secondo questo metodo di analisi – con altri territori Lombardi su cui vale la pena dare i confronti. Il rapporto sfratti/famiglie, infatti, è di 11,7 a Bergamo, 7,4 a Brescia, 9,9 a Como, 7,6 a Cremona, 8,2 a Lecco, 11,2 a Lodi, 8,5 a Mantova, 5,5 a Milano, 13,8 a Monza Brianza, 4,4 a Sondrio, 12,5 a Varese. Va ricordato che nel luglio scorso, ci fu una pacifica invasione in consiglio comunale, proprio a Pavia – ricorda la Provincia Pavese – dove chi protestava lo faceva per chiedere più investimenti nell’edilizia pubblica. “Nei primi sei mesi dell’anno – scriveva la Provincia Pavese – il tribunale di Pavia ha gestito 264 cause di sfratto, il 79% per inquilini morosi. Un dato in calo rispetto allo stesso periodo del 2024, quando tra gennaio e giugno si sono rivolti ai giudici 326 proprietari di case per ottenere la liberazione dell’immobile. Il trend in provincia di Pavia è quindi in diminuzione ma l’emergenza abitativa resta”.

    I dati statistici che disegnano la situazione italiana sono impietosi:

    Percentuale di edilizia pubblica (social housing) in Europa

    • Paesi Bassi: circa il 37% del patrimonio abitativo totale è edilizia sociale pubblica.
    • Austria: circa il 28%.
    • Danimarca: circa il 20%, con città come Copenaghen che hanno il 22% di popolazione in case popolari.
    • Francia e Regno Unito: sopra il 17%.
    • Germania: circa il 6%.
    • Italia: solo intorno al 3,8%, una delle percentuali più basse in Europa.
    • Spagna: molto bassa, intorno al 2,5%.
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    I nuovi data center di Bornasco, ecco le prime immagini del progetto approvato. Un secondo impianto in arrivo (le altre immagini)

    Il data center di Microsoft a Bornasco

    I data center. Gioie e (tanti) dolori. Il problema dei consumi dei data center per l’intelligenza artificiale (AI) è legato a un enorme fabbisogno energetico e idrico. I data center che processano modelli di AI consumano molta più energia rispetto ai data center tradizionali, si parla di consumi da 4 a 5 volte maggiori. Ciò è dovuto sia alla potenza di calcolo richiesta dagli algoritmi, sia ai costi energetici per il raffreddamento delle apparecchiature, che rappresentano circa il 40% del totale dell’energia utilizzata. In termini numerici, i data center oggi consumano circa l’1-1,3% dell’elettricità mondiale, con stime che prevedono un raddoppio entro il 2030, raggiungendo consumi annuali tra 800 e 900 terawattora (TWh). Questo aumento è trainato dalla crescita esponenziale dell’uso di AI generativa. Per esempio, un singolo utilizzo di ChatGPT può richiedere fino a 10 volte più energia rispetto a una ricerca Google standard. Oltre all’elettricità, i data center hanno anche un elevato consumo di acqua, necessario per i sistemi di raffreddamento. Questo aspetto ha un impatto ambientale su scala locale, specialmente in zone con risorse idriche limitate.

    Uno di questi grandi data center sarà realizzato da Microsoft a Bornasco. “Bornasco – scrive il sito Irp Media -è un piccolo comune della provincia di Pavia, a circa 35 chilometri da Milano. Con poco più di 2.600 abitanti distribuiti su 12 chilometri quadrati, rappresenta una delle tante realtà di campagna lombarda, lontana dal clamore urbano e dai grandi snodi infrastrutturali. Almeno in apparenza.  Qui, su un’area di circa 165mila metri quadrati, circa l’1,3% del territorio comunale, sta per sorgere un data center gestito da Microsoft e, di recente, l’amministrazione comunale ha approvato i piani per la costruzione di un secondo su una zona verde coltivata. Questa seconda proposta è stata depositata dalla società Vld – Valtidone Logistic Development Srl che il 3 aprile 2025 ha ricevuto dalla giunta comunale l’approvazione del piano di lottizzazione, ovvero lo schema che definisce come verrà suddivisa e utilizzata l’area: dove sorgeranno gli edifici, quali saranno gli accessi, gli spazi verdi, i parcheggi. Un atto che non dà ancora il via ai lavori, ma che apre ufficialmente la strada alla realizzazione del data center“.

    Il “caso Bornasco”

    Recentemente, per quanto riguarda Microsoft, sono arrivate tutte le autorizzazioni e al ministero è stata depositata tutta la documentazione. Impossibile entrare nei dettagli, ma nella documentazione ci sono anche le immagini di come sarà il progetto. Eccone alcune:

    L’articolo de La Provincia Pavese di Stefania Prato sul secondo progetto di Bornasco “Sulle ceneri del progetto poi naufragato di portare a Bornasco un insediamento logistico, ecco comparire all’orizzonte il piano “B”: sarà un data center a prenderne il posto, con la firma, ora come un anno fa, della società Valtidone Logistic Development di Assago. A febbraio 2024 era stato infatti deciso solo un mezzo passo indietro nel senso, che si ammainava bandiera bianca sull’idea di un’attività di tipo prettamente logistico, lasciando nel contempo campo ad un’alternativa che ora è stata individuata in un data center.

    L’istanza che avvia l’iter di adozione del piano di lottizzazione relativo è stata depositata qualche giorno fa in municipio. L’intervento si localizza in un comparto collocato ad ovest del centro abitato comunale, attualmente coltivato, in adiacenza alla strada provinciale 205 “Vigentina”, su una superficie di oltre 67.000 metri quadri, dei quali circa 20.000 occupati dal corpo di fabbrica del data center vero e proprio. Poco più di 4mila metri quadrati vedranno la realizzazione di un’area verde da asservire all’uso pubblico e circa 1.500 metri quadri saranno occupati dalla strada di accesso all’ambito, ma entrambi questi interventi non saranno oggetto di scomputo degli oneri dovuti.

    Cosicché, gli impegni economici assunti dall’operatore ammontano a quasi 820.000 euro per oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, cui si aggiungono 50.000 euro dalle maggiorazioni per gli interventi compensativi e mezzo milione da destinare alla riqualificazione di aree da dedicare ad attività sportive, sociali e di aggregazione.

    Il centro di elaborazione dati avrà (all’inizio) una potenza indicativa inferiore a 50 Megawatt. Il data center raggruppa tutte le apparecchiature e tecnologie necessarie al funzionamento del sistema informativo di un’azienda. Quello previsto a Bornasco conta di impiegare circa 50 addetti, distribuiti tra aree amministrative e sala server.

    «Il progetto per la realizzazione di un nuovo data center a Bornasco- spiega la sindaca Roberta Bonetti- prevede la costruzione di un edificio nell’area vicina alla rotonda di Bornasco. Dal punto di vista economico, il progetto ci consentirà di ottenere risorse per investimenti sul nostro territorio, dal momento che introiteremo in totale una cifra vicina a 1,5 milioni di euro». —”

    Anche su questo secondo progetto ci sono già le immagini progettuali. Eccole:

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    Ma quanto sono bravi i dirigenti (e i funzionari) dei nostri Comuni (come i giudici, peraltro)

    Premi ai dirigenti, tutti bravissimi (come i magistrati)

    Ci sono due categorie di professionisti della cosa pubblica di cui dobbiamo essere orgogliosi: i magistrati e i dirigenti. A dirlo non sono io, naturalmente, ma sono, da un lato, il Csm (organismo di autogoverno dei magistrati stessi) e le amministrazioni comunali, che giudicano dal loro interno i dirigenti tramite un organismo di valutazione. Ricordo di aver scritto, sulla Provincia Pavese, alcuni mesi fa, come l’amministrazione comunale di Voghera avesse valutato con voti (e premi) altissimi i suoi dirigenti, una media di 99 punti su 100. Quasi lo stesso ha fatto il Comune di Pavia dove, a leggere i dati, tutto funziona alla perfezione. Le performance dei dirigenti del Mezzabarba (dato 2024) hanno infatti raggiunto quota 95,7 su cento, mentre le “posizioni organizzative”, insomma i funzionari, quota 97,1 su cento. Qualcuno potrebbe, ingiustamente si intende, obiettare che non tutto funziona così alla perfezione a Pavia. Beh, sempre i numeri, ci dicono che è “colpa” del personale la cui quota percentuale è tra l’80 e il 90 per cento. Comunque buona. Insomma, Pavia è un piccolo gioiello di buona amministrazione. Certo, non raggiungerà mai le vette di Voghera, ma non si può tutto. Se qualcuno volesse approfondire il dato di Pavia, può andare a leggersi un corposo Pdf dall’altisonante titolo”Relazione finale sulla performance anno 2024 – Monitoraggio del Piano Integrato di Attività ed Organizzazione (P.I.A.O.)” da cui abbiamo tratto questi dati.

    La questione giudici

    Dicevamo dei magistrati. Scrive il quotidiano “Il Dubbio”: “Tra il 1° gennaio 2021 e il 21 ottobre 2025, sono stati valutati 9.797 magistrati ai fini della progressione di carriera. I dati, comunicati dal ministro della Giustizia Carlo Nordio in risposta a un’interrogazione parlamentare, fotografano un quadro quasi perfetto: il 99% dei magistrati riceve giudizi positivi. Nel 2021, su 2.103 valutazioni totali, 2.092 risultano positive. Percentuali simili anche negli anni successivi: 99,23% nel 202299,41% nel 202398,85% nel 2024 e 98,69% nel 2025.

    Solo 47 magistrati in quattro anni e mezzo hanno ricevuto una valutazione negativa o non positiva. Numeri che per Enrico Costa, deputato di Forza Italia e vicepresidente della Commissione Giustizia, rappresentano la prova di un meccanismo autoreferenziale e opaco. «Numeri bulgari. Tutti bravissimi. Eppure, il Csm dovrebbe valutare la capacità di ogni magistrato anche in base ai risultati del suo lavoro: inchieste flop, arresti ingiusti, sentenze ribaltate», ha dichiarato Costa.”

    E infatti, come la pubblica amministrazione, anche la giustizia funziona come un orologio svizzero. Perché mai bisogna riformarle?