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La forza degli anni
Il tempo lascia i segni. Segni che possono raccontare una storia. Quando fotografo mio suocero Giovanni, che ormai di anni ne ha novanta, rivedo la sua storia personale scolpita nel volto e nelle mani. Riesco solo a fotografarlo in bianco e nero, non è una scelta stilistica, ma il colore mi dà l’impressione di sottovalutare proprio i segni di cui parlo.
Giovanni -
Ti guarda negli occhi
Quando una bambina che non conosci ti guarda così intensamente, e lo fa nell’attimo in cui stai scattando la fotografia, tutto diventa più semplice. E’ successo diverso tempo fa, a Voghera, in piazza Duomo, mentre fotografavo (per lavoro, quella volta), la sfilata di carnevale organizzata per i bambini (anche se di costumi ce n’erano pochini). Questa immagine mi era talmente piaciuta che poi l’ho utilizzata anche per i miei biglietti da visita (sì, una volta si usavano i biglietti da visita…).
Una bambina alla sfilata di carnevale -
Un ritratto (Cecilia)
C’è stato un periodo in cui mi ero appassionato ai ritratti. Un settore della fotografia solo apparentemente semplice nel mondo dei selfie e dell’immagine a tutti i costi. In realtà, cogliere espressioni, sguardi, atteggiamenti originali nelle persone che stai fotografando è un’operazione di incredibile complessità. In questo caso, grazie alla pazienza di mia nipote Cecilia, il ritratto alla fine mi era piaciuto. Dopo tanto tempo, lo pubblico su questa pagina.
Cecilia, novembre 2013 -
Fashion Factory
Il tentativo era chiaro: ottenere il contrasto tra gli operai all’esterno del negozio, in attesa di riprendere il lavoro, e la scritta “Fashion Factory”. Insomma, tra le tute e le magliette, abiti da fatica, senza alcun obiettivo di eleganza, e il senso della scritta, appunto collegata allo stile e alla moda. Più o meno è riuscito, ma tutto sommato convincente, direi.
Eleganza a Milano -
Le solite foto di famiglia
Ho notato che raramente gli appassionati di fotografia pubblicano le foto classiche, quelle di famiglia, che paiono fatte con lo smartphone. Io stesso, non so per quale ragione, ho una sorta di ritrosia nel farle vedere. Eppure, sono spesso i momenti migliori, i momenti che poi riguardi, che sono più forti nel ricordo. Eccone alcune. Non sono, mi pare, migliori o peggiori delle altre che ho pubblicato.
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“No, grazie, niente foto”
Da un problema a un’opportunità. E’ successo nei giorni scorsi, quando ho acquistato, dopo averlo testato a Lodi, durante il Festival della Fotografia Etica (dove c’è sempre un punto Fujifilm per la prova del materiale), il medio tele fisso 90mm f2 appunto del marchio giapponese. Un’ottima lente, che però – corrispondendo a un 135mm come focale effettiva – rende un po’ difficoltoso lo scatto a distanze ravvicinate. L’ho testato in casa, peraltro con mia figlia Ilaria che non voleva farsi fotografare… Ecco, proprio lei che voltava la testa o si copriva il volto con le mani, la messa a fuoco al limite delle possibilità umane… tutto questo ha permesso un paio di ritratti non dico belli, viste le condizioni “operative”, ma alternativi, accettabili. Ne ho selezionato due, questi (autorizzato, obtorto collo, da Ilaria).
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Beh, un giro in galleria…
Si può andare a Milano e non fare un giro in galleria? Non passare per piazza Duomo? Si può, in una affollatissima domenica d’ottobre, scattare una fotografia appena decente che racconti Milano, la galleria, la folla, la moda? Boh. Io ci ho provato con questa…
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Questione di sorrisi
Ci ho messo un po’ di tempo a capire perché questa fotografia mi piacesse più delle altre. Ritraeva amici, parenti e amici di parenti alla fine di una bella giornata di primavera a passeggio per i boschi. Non era una grandissima fotografia, era un classico che abbiamo tutti in archivio, che non racconta nulla di speciale se non momenti piacevoli. Ce n’erano altre di fotografie di quella giornata, ma questa… Ecco, in questa sorridevano tutti. Credo fosse la particolarità dell’immagine. Un aspetto che, indirettamente, ci dice molto sugli elementi necessari a una buona fotografia, al di là della tecnica. Questi sorrisi, infatti, raccontano una storia. O la concludono. Che è poi lo stesso.
Amici e parenti -
Il barbiere di Voghera
E’ sempre stato uno dei miei ritratti preferiti. Devo averlo scattato cinque o sei anni fa, a Voghera, quando ancora c’era una redazione del quotidiano La Provincia Pavese in città, quotidiano dove lavoravo (e lavoro ancora). In via Scarabelli, proprio sotto la redazione, c’era un barbiere dove andavo a farmi tagliare i pochi capelli rimasti e aggiustare la barba. In quel periodo avevo iniziato a fare un lavoro fotografico sui ritratti e gli chiesi se voleva posare per me. Ne venne fuori questa immagine.
Il barbiere di Voghera -
Comodamente in attesa
Era una giornata calda, forse ero a Roma. Non ricordo con sicurezza. Sta di fatto che questo turista, per ripararsi dal sole, aveva preso possesso di una sedia e si era messo comodo sul sagrato della chiesa. Con la coppola in testa, tranquillo e sereno.
Sotto al sagrato