Religione

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    Fondamentalismi religiosi, un pericolo sempre troppo presente

    Prima sgombro il campo da errate valutazioni: credo fermamente che, in un Paese, ogni persona che ci vive possa professare la propria religione secondo il motto, mai invecchiato, di libera chiesa in libero stato. Ma quando la religione porta agli estremismi, e nel professarla si limitano le libertà degli altri (e in molti casi delle donne e di chi la pensa diversamente, oppure delle popolazioni che condividono il territorio), allora esiste un problema che va affrontato. Ha riguardato, e riguarda ancora la religione cattolica. Riguarda, sempre di più, altre professioni. Lo nota un commento de Il Foglio che, certamente, non ha simpatie per i musulmani e quindi va preso sempre con molta attenzione. Tuttavia, un articolo-commento dal titolo “Allah e la laicità. Un sondaggio francese smentisce i sociologi delle periferie e dell’integrazione”, mi ha fatto pensare. E ci deve far riflettere sul fatto che tutti i fondamentalismi, di ogni religione, compresa quella ebraica è sottointeso, sono un pericolo. Lo riporto integralmente, poiché si tratta di un pezzo di alcuni giorni fa e non penso di rubare il lavoro a nessuno.

    Nel suo “Lo scontro delle civiltà”, pubblicato nel 1996, Samuel P. Huntington teorizzò una “Rinascita dell’islam”. L’accademico americano usò la “r” maiuscola per sottolineare la profonda frattura che il fenomeno comportava, “al pari della Rivoluzione francese”. Ora un’indagine condotta in Francia dall’Ifop, l’Institut français d’opinion publique, offre nuove conferme alla tesi di Huntington e a quella di Gilles Kepel sulla “radicalizzazione dell’islam” rispetto all'”islamizzazione del radicalismo” di Olivier Roy. Tra il 1985 e il 2025, la Francia ha visto una completa trasformazione del panorama religioso e l’islam è l’unica religione con una crescita numerica e una dinamica ideologica ascendenti. La percentuale di musulmani è salita dallo 0,5 al 7 per cento, quella dei cattolici è scesa dall’83 al 43 per cento. L’80 per cento dei musulmani si identifica come religioso, rispetto al 48 dei cattolici. Due terzi dei musulmani frequentano ogni giorno, rispetto a meno di un quinto delle altre religioni. Tra il 1989 e il 2025, la frequentazione delle moschee è più che raddoppiata. Il 79 per cento si astiene dall’alcol. Metà rifiuta il contatto con una donna. Il 59 per cento tra 15 e 24 anni sostiene l’attuazione della sharia rispetto alla laicità. Il 38 per cento approva “tutte o parte delle posizioni islamiste”, il doppio rispetto al 1998. Tutto ciò che i sociologi hanno descritto per decenni come “malesse­re di periferia” o “mancanza di integrazione” appare in questo sondaggio sotto una luce più profonda: una frattura antropologica. Per anni la Francia si è raccontata che bastasse proclamare la laicità perché tutti l’abbraccìassero come una strada irreversibile. Ma la laicità si ritrova svuotata, incapace di competere con codici identitari pervasivi. Non è un dibattito teorico e il sondaggio non è una statistica, è una crepa occidentale profonda dove si sono infiltrati i Fratelli musulmani.