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Rozzano, alla faccia della cultura cia cia cia (ovvero, La kultura poi ti kura)

Rozzano capitale della cultura italiana 2028 (dal sito della candidatura)

A qualcuno sarà magari sfuggito, ma Rozzano – quarantunomila abitanti a sud di Milano e a due passi da Pavia – non è solo famosa per aver dato i natali a Fedez e per essere stata in passato culla della peggio deliquenza (anche organizzata, come la ‘Ndrangheta). Ora Rozzano è sulla bocca di tutti per essersi candidata a capitale della cultura italiana 2028. Della cultura? Cioè una cittadina-dormitorio, palazzoni e piazze deserte? Beh, Rozzano non è più solo quello da parecchi anni. Le amministrazioni che si sono alternate hanno trasformato, a fatica, cemento e immigrazione in integrazione, progetti, iniziative, piste ciclabili e persino molto verde. La questione più interessante è la definizione di “cultura” che non è più – non deve essere più – solo un museo, un convegno, un monumento che ci fa dire “ohhhh”. Ma è anche “infrastruttura pubblica”. Già. Qualcosa di completamente diverso e che, per capirci subito, Pavia fatica enormemente a comprendere.

Leggiamo dal sito della candidatura, dove la frase che ci piace di più è: “Rozzano 2028 è un progetto collettivo, metropolitano, inclusivo. Non chiede un titolo per sé: propone un metodo per l’Italia.”

E dunque “Rozzano si candida a Capitale Italiana della Cultura 2028 con una visione radicale e urgente: rimettere la cultura, l’arte e la creatività al centro della vita urbana, come strumenti di partecipazione, riscatto sociale e rigenerazione collettiva. In un tempo segnato da fratture e disuguaglianze, Rozzano si propone come laboratorio metropolitano di cucitura: tra le case popolari e le aree residenziali, tra memorie operaie e nuove generazioni, tra la città e Milano. Non più periferia che chiede attenzione, ma centro attivo di partecipazione civica.

Con circa 41.000 abitanti e una delle più alte densità di edilizia pubblica in Italia, Rozzano trasforma ciò che è stato spesso letto come fragilità in risorsa. Le case ALER, i cortili, i parchi e le reti sociali diventano scenari e motori di un progetto culturale coraggioso, partecipato, trasformativo. Cultura come infrastruttura pubblica, come atto d’amore verso la città. La candidatura nasce in sinergia con il grande piano di rigenerazione “Caivano bis – Modello Rozzano”, e lo amplia: alla ricostruzione fisica si affianca una ricostruzione simbolica e culturale. Le scuole, le strade, gli impianti sportivi e gli oratori si animano di teatro, musica, arte pubblica, danza urbana, cene condivise, narrazioni popolari.

Rozzano 2028 è un progetto collettivo, metropolitano, inclusivo. Non chiede un titolo per sé: propone un metodo per l’Italia. Un modello culturale che parte dal basso, integra generazioni e origini diverse, rafforza legami, genera bellezza”.