Ritratti
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Autoritratto in sala con riflesso
Vabbè, ve lo dico subito. Eravamo andati a Pont Saint Martin, in Valle D’Aosta, per una mini-mostra sulla storia della villa che ospita la biblioteca civica. Sintetica, curiosa. Tutto qui. Dopo dieci minuti avevo già iniziato ad annoiarmi. E poiché Paola e Cinzia, che erano con me, sembravano interessate ad alcune fotografie di alta montagna, ho cercato di far trascorrere il tempo. E mi sono scattato questo autoritratto. Che per quanto un po’ cupo, neppure mi dispiace troppo. Questione personale, s’intende.
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Preparandosi a Capodanno
Con il trascorrere del tempo, la mia nipotina è diventata meno scorbutica quando arriva il momento di farsi fotografare. E ha imparato ad assumere delle belle pose, che naturalmente sono gran parte della qualità di un ritratto. Stavolta, velocissima, si è piazzata a capotavola mentre stavano preparando per la cena di Capodanno. Uno scatto veloce, poi via a giocare con il cane o in cucina per rubare qualche boccone prelibato in anticipo. Buon 2022, verrebbe da dire (e sperare).
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Autoritratti da viaggio
Da un po’ di tempo, meglio: finché si è viaggiato, Paola ed io ci scattiamo sempre un autoritratto e spesso lo facciamo utilizzando gli specchi. In particolare quelli degli ascensori. Oddio, niente di particolarmente originale, ma ci sono sempre piaciute queste immagini. Anche se non è facile farne una diversa per viaggio. Questa è da Marsiglia, in Francia.
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Autoritratto da lockdown
Bloccati ancora in casa. Maledetto Covid-19. Bloccati in casa senza poter viaggiare, andare per città, vedere luoghi e persone nuove. E poi piove, fa freddo. Insomma, ci sono tutte le condizioni per non riuscire a fotografare. E così, malgrado l’evidente imbarazzo che il modello scelto non può che provocare, mi sono messo a giocare con il Venus Laowa 9mm f/2.8 Zero-D, un bel supergrandangolo manuale che sulla mia Fuji X-T3 funziona davvero bene (dipende poi dall’uso che se ne vuole fare). E’ assolutamente inadatto ai ritratti, e proprio per questo non potevo che usarlo per giocare. Ecco qualche scatto. Roba da lockdown…
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Pronti a farsi fotografare
Se proprio siete senza modelle o modelli, una buona soluzione per fotografare, in particolare per fare ritratti, è partecipare a una manifestazione di cosplayer, ossia – genericamente – quegli appassionati di film, fumetti, personaggi, manga e metteteci un po’ di tutto, che si riuniscono in costume imitando personaggi appunto più o meno famosi. E di solito sono tutti disponibilissimi a farsi fotografare. Un giorno ho partecipato, ovviamente come fotografo, a un appuntamento del genere a Milano, scattando alcune immagini. Tra queste una serie di ritratti che, normalmente, non sarei riuscito ad ottenere (e probabilmente neppure a immaginare). I personaggi erano tutti ispirati a Star Wars (e credo di non averne riconosciuto uno).
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Jazzista da strada
Tornando con i ricordi, non solo fotografici, a qualche anno fa, estraggo dal mio metaforico cilindro l’immagine di un musicista di strada che ripresi ad Amsterdam durante una passeggiata lungo i canali. Suonava jazz con un trio, e che accidenti di musicisti erano questi ragazzi. Da restare ad ascoltare per ore e divertirsi. Feci alcuni scatti di lui, alla tromba, e degli altri che se ben ricordo erano al contrabbasso e alla chitarra (dovrei cercare in archivio per essere certo della formazione).
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Il cameriere di Parigi
Rivedere le vecchie fotografie è un utile esercizio. Capita, almeno a me, di fare due riflessioni: ah, come fotografavo meglio prima e, subito dopo, ah, come fotografo meglio adesso. Infine, colto dal dubbio che fotografassi male prima e dopo o, magari bene sempre, e chi mai lo saprà visto che aveva ragione Cartier Bresson quando diceva che le prime 10.000 fotografie che uno fa sono le peggiori. E all’epoca fare 10.000 negativi analogici era un bel fare, mica come adesso e sono incerto sull’essere arrivato o meno a quella cifra. Ecco, ho divagato. Dicevo, che rivedendo le fotografie ritrovo questo ritratto scattato a Parigi, a un cameriere che, all’aperto, accanto al locale, prendeva un po’ d’aria e di riposo.
Parigi, cameriere -
Faccia da pugni
Ho fotografato il pugilato solo un paio di volte in questi ultimi anni. Ma ogni volta è stato tanto difficile quando affascinante. A Voghera mi è capitato di seguire un incontro di Alessandro Buratto, al quale ho poi chiesto di posare per un ritratto. E’, questa, una fotografia che mi è sempre piaciuta.
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Autoritrarsi
Ho sempre pensato che l’autoritratto fotografico fosse un ottimo esercizio tecnico. Quando si usano le luci artificiali, la preparazione è molto più laboriosa e richiede tanta cura nei dettagli, non fosse che per il fatto che al momento dello scatto siamo dall’altra parte della fotocamera. Anche quando non si usano le luci dello studio, sfruttando invece specchi, pareti riflettenti, vetrate, etc., l’attenzione va tutta alla luce naturale o artificiale disponibile al momento e alla capacità di immaginare già il lavoro di post produzione. Quindi, ecco uno dei miei autoritratti.
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La forza degli anni
Il tempo lascia i segni. Segni che possono raccontare una storia. Quando fotografo mio suocero Giovanni, che ormai di anni ne ha novanta, rivedo la sua storia personale scolpita nel volto e nelle mani. Riesco solo a fotografarlo in bianco e nero, non è una scelta stilistica, ma il colore mi dà l’impressione di sottovalutare proprio i segni di cui parlo.
Giovanni