Economia

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    Una mancetta per i senatori di centrodestra, o per tutti quanti (Centinaio, illuminaci)

    Il senatore che distribuisce le mance

    “Fratelli di mancia”, ironizza nel titolo il quotidiano Il Foglio. E in effetti, si tratta proprio di una mancia: una bella mancia, visto che sono 500mila euro per ogni senatore di maggioranza che, senza alcun vero vincolo, il parlamentare di centrodestra può “regalare” s’immagina con destinazione sul suo territorio elettorale. Ora, io de Il Foglio solitamente di fido, ma non si sa mai. Chiedo a chi sa, ossia all’amico senatore Centinaio, se davvero anche lui ha a disposizione quella mancia, se di mancia si tratta, se vale per tutti i senatori o solo quelli appunto di maggioranza (e sarebbe cosa alquanto strana) e se è così, se si è già fatto un’idea su dove e come spenderla. Perché questa storia è davvero curiosa. Segue il testo dell’articolo de Il Foglio a firma del bravissimo Carmelo Caruso:

    Si deve approvare la manovra e i senatori di maggioranza hanno il tesoretto, la dote: 500 mila euro per due anni.
    Si tratta del Fondo parlamentare e in un messaggio arrivato ai senatori di FdI, Lega, Forza Italia ci sono le istruzioni per l’uso: 500 mila euro per ciascuno dei senatori per gli anni 2026 e 2027.
    C’è anche come utilizzarli.
    La parte corrente? “Contributi diretti a enti, associazioni (terzo settore)”.
    La parte in conto capitale? “Infrastrutture (manutenzioni straordinarie e opere)”.
    Precauzioni: “Preferibilmente destinati a non più di 2/3 soggetti”.
    “Caro senatore di maggioranza, vuoi asfaltare la piazza del paesello elettorale? Nessun problema, ma ricordati che per “strade, piazze ponti e rotonde il progetto da finanziare sia dotato da Cup”.
    Meloni ha chiuso Atreju dicendo che con noi “chiude la stagione degli sprechi, della mance elettorali per comprare il consenso”.
    Gli sprechi sicuro, sulle mance non esageriamo.
    Siamo sempre l’Italia generosa.
    I genitori allungano la paghetta, i nonni la pensione e il senatore la mancetta.
    Italia perfetta.

    Carmelo Caruso

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    Dal governo soldi per la scuola pochi, consoliamoci (a Pavia) con i dati Invalsi

    Il sito Openpolis ci ricorda questa mattina che l’Italia, sotto il profilo degli investimenti per la scuola (percentuale rispetto al Pil) è terz’ultima in Europa. Alla faccia del Paese che cresce e che investe.

    I dati Istat sulla povertà in Italia mostrano che nel 2024 il 12,3% delle famiglie con figli era in povertà assoluta, quota che supera il 20% nei nuclei con almeno 3 minori. La vulnerabilità economica aumenta con il basso titolo di studio della persona di riferimento, riducendo l’accesso a lavori qualificati e con retribuzioni migliori, come confermato dai dati Istat sulle retribuzioni, che evidenziano anche divari di genere. Tali divari tendono a tramandarsi di generazione in generazione. Per questo investire in un’istruzione accessibile per tutti resta una leva imprescindibile per cercare di far uscire bambini e bambine, ragazzi e ragazze dalla trappola della povertà educativa. (cit. Openpolis)

    L’unico dato positivo, in questo scenario negativo, riguarda la preparazione degli studenti del capoluogo Pavia. Secondo i dati Invalsi elaborati (dato disponibile 2022), Pavia è il secondo capoluogo di provincia in Lombardia e il sesto in Italia. Consoliamoci così in attesa della nuova legge di bilancio e dei soldi destinati (oltre alle solite mance), all’acquisto di armi. Qui la tabella che riguarda la Lombardia sulla preparazione degli studenti del capoluogo (scuole medie).

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    Posteggi, tasse, farmaci, acquisti on line, negozi da salvare e portafogli da curare (il nostro)

    Acquisti on line, polemiche e rispamio

    Si sono sovrapposte, in questi giorni, alcune questioni che riguardano il commercio, la sopravvivenza dei negozi “fisici”, le tasse, il problema del parcheggio in centro storico per favorire gli acquisti, le contestazioni dei commercianti contro il Comune… Troppa trama, avrebbe detto un mio amico. Ho espresso la mia opinione, contestabile s’intende, che il problema sta proprio nel commercio stesso che non accetta i cambiamenti e non si adegua. Ben altre sono le soluzioni, ricordava anche Simone Spetia questa mattina sulla rassegna stampa di Radio24.

    Fornisco due storielle che possono dare un’idea del perché, da tempo, il commercio “fisico” mi attrae sempre di meno (e del perché il raro buon commercio “fisico” mi attrae sempre di più”). Prima storiella, di qualche anno fa. Sono in viaggio, Belgio, e un pomeriggio mi accorgo di non aver portato con me un medicinale che dovevo tassativamente prendere. Entro in una farmacia, chiedo la cortesia (farmaco che ovunque richiede la prescrizione) di vendermelo mostrando una prescrizione italiana. Non essendo certo che avessero lo stesso prodotto, ero andato a cercare il medicinale in rete. Il prezzo, mi pare, era di 20 euro. La farmacia me lo vende, ovviamente senza servizio sanitario, a 11 euro. Torno a Pavia, e per curiosità chiedo in farmacia quanto costerebbe quel farmaco senza prescrizione. Mi rispondono: 19 euro. A questo punto, mi viene un sospetto, e quando devo acquistare un certo altro medicinale (che maledizione invecchiare!) che non viene rimborsato dal servizio sanitario, controllo ancora in farmacia: 23 euro. Guardo on line, sul sito di una farmacia (fisica e on line) della Puglia: 13 euro. Compro on line, ovviamente. Ora, per ogni medicinale non coperto dal servizio sanitario, mi servo on line. RIsparmio, di solito, il 20/30 per cento. Ho una domanda: perché la farmacia pugliese lo vende, regolarmente (con tanto di scontrino fiscale e codice fiscale per eventuali detrazioni) a un prezzo così inferiore?

    Secondo episodio, l’altro ieri. Esce, da Apogeo, il libro “Scatta come Wes: Impara come realizzare immagini in perfetto stile Wes Anderson”. Curioso, amo questo regista, voglio leggerlo, Vado in centro, a Pavia, e il libro non c’è. Negli scaffali dedicati alla fotografia nelle librerie in cui sono andato, due sole lo ammetto, ci sono alcuni libri, molti vecchi, le cose più interessanti e recenti no. Non lo ordino, altrimenti devo tornare in centro (e se avessi utilizzato il bus o pagato il parcheggio, mi sarebbe costato il 15% in più quel libro). Vado sul sito di Apogeo per acquistarlo on line e, con lo sconto, costa 22 euro. Ma non c’è la versione digitale, che avrei preferito. Mi viene un sospetto e vado in rete per vedere se esiste la versione originale. C’è, in inglese quindi, solo 13 euro. Con un click l’acquisto. Posso anche capire che una libreria non può tenere tutto, ma è un libro che ha avuto buone recensioni. E Apogeo poteva anche fare la versione digitale.

    Dicevo del buon commercio “fisico”. Mai comprerei una chitarra on line, anche scontata, finché esiste il negozio Guitar di Tortona, dove competenza, prezzi (giusti), gentilezza, disponibilità e non mi vengono in mente altri aggettivi, resteranno sempre gli stessi. Mai acquisterò farine e altri prodotti finché ci saranno negozio come Mulino Ferrari a Pavia. Per fare due esempi, ma ce ne sono altri, di qualità, competenza, gentilezza.

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    L’Europa di chi non fa vino che spiega a chi fa vino come deve farlo (e imbottigliarlo)

    Credevo che non l’avrei mai detto: ha ragione Tremonti. L’ex ministro ironizzava sul fatto che l’Europa, mentre non riusciva a risolvere i problemi dell’auto – in particolare il passaggio all’elettrico previsto per il 2035 – riusciva persino a dettare le regole sulla fabbricazione dei tricicli. Ora, io sono un europeista straconvinto, ma delle volte… E’ il caso che riguarda direttamente l’Oltrepo pavese con i suoi produttori di vino. La Ue, accogliendo le richieste di Paesi che, con tutta la simpatia per loro, non sanno neppure cosa sia il vino, obbligherebbe all’uso di bottiglie non troppo trasparenti, per facilitare il loro riutilizzo. Alla faccia della conservazione di vino e spumanti. Leggo su Il Sole 24 Ore:

    Con le norme in discussione in Europa nell’ambito del nuovo regolamento imballaggi (PPWr), a rischio le bottiglie di prosecco italiane: la preoccupazione arriva da Coreve, il consorzio italiano del riciclo del vetro. «Il PPWr prevede che entro il 2030 un imballaggio, una bottiglia, costituito per più del 30% in peso da materiale non riciclabile non possa più essere messo in commercio», spiega il presidente Gianni Scotti. «A Bruxelles si sta lavorando per definire le linee guida di questa riciclabilità – continua -. Ora, le posizioni tedesca e danese stanno sostenendo che il vetro con una trasmittanza (cioè la capacità di lasciarsi attraversare dalla luce, ndr) inferiore al 10% non possa essere classificato come riciclabile. Se anche solo il 30% di materiale di una bottiglia avesse quindi una bassa capacità di far passare la luce, cioè la renderebbe non idonea. Vuol dire che il vetro troppo scuro e spesso, proprio quello che caratterizza alcune parti delle nostre bottiglie di prosecco, ma anche di champagne e di vino, potrebbe essere classificato come non riciclabile e quindi metterle fuori mercato. Ricordiamo che si tratta di bottiglie sviluppate con queste caratteristiche per filtrare efficacemente la luce dannosa per il contenuto e per resistere alla pressione interna, soprattutto dei prodotti con le bollicine».

    Per altro, anche la norma europea prevista per il “vuoto a rendere”, rischia di creare non pochi problemi con:

    Rischio di Standardizzazione e Perdita di Identità: La bottiglia di vetro non è solo un contenitore per il vino italiano, ma un elemento di design, marketing e identità legato al marchio, alla denominazione e al territorio. L’obbligo di riutilizzo implicherebbe la necessità di adottare bottiglie standardizzate (un pool comune) per rendere efficienti i processi di raccolta, lavaggio e reimmissione sul mercato. Questo avrebbe cancellato la diversità di forme, pesi e colori che contraddistinguono i vini italiani di alta gamma (es. bottiglie speciali per Barolo, Brunello, Prosecco DOCG, o i formati come le Magnum).

    Complessità Logistica ed Economica: L’Italia eccelle nel riciclo del vetro (tassi superiori all’80%), che avviene a livello locale. Un sistema di riutilizzo implicherebbe la creazione di una nuova e complessa filiera di logistica inversa (raccolta, trasporto per lunghe distanze, lavaggio, sanificazione), con costi operativi insostenibili per le aziende, soprattutto per quelle che esportano e per le piccole e medie imprese.

    Sicurezza Igienico-Sanitaria: Ci sono preoccupazioni sulla capacità di garantire standard igienici perfetti per i prodotti alimentari, come il vino, attraverso cicli ripetuti di lavaggio e riempimento, con il rischio di compromettere la qualità del prodotto finale.

    Europeisti sì, ma non suicidi.

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    Manca il parcheggio? Ma no, mancano buona volontà e voglia di vendere

    Ho provato a fare un esame di coscienza. A Pavia abito dal 1989 e conosco a fondo la città non fosse che il lavoro di giornalista (appunto, da quell’anno) e a Pavia ho sempre acquistato pochissimo. Il motivo di una scelta diversa, raramente, è stato per il problema del parcheggio. Piuttosto, perché – per le mie personalissime esigenze – la scelta, i prezzi, la disponibilità dei commercianti non sono mai stati tali da attirare la mia attenzione (fatti salvi, s’intende, alcuni casi specifici). I prezzi, ad esempio, sono un problema: a Pavia si spende mediamente di più rispetto a un normale acquisto on line o in un centro commerciale (ho ancora il ricordo di un prodotto informatico che costava il 30 per cento in più rispetto a un negozio on line); l’assortimento, è capitato molte volte di cercare un prodotto o la misura di un capo d’abbigliamento e scoprire che non era disponibile (ma lo trovavi nel centro commerciale a mezz’ora di auto); l’assenza di alcuni prodotti che si trovano solo in altri negozi fuori dal centro e spesso in città vicine. E poi, certo, il parcheggio, Ma l’unica vera soluzione, probabilmente, sarebbe quella immaginata già trent’anni fa, ossia un parcheggio multipiano, anzi due parcheggi multipiano, come più o meno troviamo in altre città simili a Pavia e nel resto d’Europa. Ma state certi, che se a Pavia, in centro, ci fosse il negozio che vende ciò che cerco, ad un prezzo giusto, con commessi competenti e gentili, beh, due passi a piedi si possono ben fare. E poi fanno bene alla salute. I pavesi, poi, sono cittadini noiosi, indisciplinati e pigri. Ieri sera, per andare a teatro, ho come sempre posteggiato alla “buca” e ho fatto due passi a piedi. Lungo il percorso, auto abbandonate in divieto da tutte le parti e mai che si veda un vigile. E il parcheggio regolare, invece, aveva ancora molti posti liberi. Prima di mettere gli striscioni, bisogna cambiare i pavesi: commercianti e clienti.

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    Raccolta differenziata, i nuovi dati Ispra premiano soltanto i piccoli Comuni della provincia

    Molti i Comuni bocciati

    Ma sono cittadini migliori? O sono migliori i loro sindaci e amministratori? Oppure è un insieme di questi due fattori che fa sì che alcuni Comuni siano più attenti alla gestione dei rifiuti e alla raccolta differenziata? Un’idea, conoscendo i sindaci, alcuni di persona, me la sono fatta: molto merito è dei sindaci e delle loro amministrazioni. Perché la raccolta differenziata è un piccolo problema organizzativo per chi, magari, ha una vita già complicata. E se segue le regole, è perché gli amministratori locali gli rendono semplice la procedura, perché riescono a coinvolgerli e, con il tempo, a farli diventare cittadini migliori.

    Tutto questo per dire che l’Ispra, ossia l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ha pubblicato il rapporto 2025 proprio ieri. E dai dati del 2024, la provincia di Pavia, nel suo complesso – come si vede in questa tabella – è la seconda peggiore della Lombardia con una percentuale che non arriva al 60%. Soltanto Sondrio ci batte per scarsa attenzione ambientale.

    I buoni esempi, i cattivi esempi

    Ma in questa situazione che non ci rende orgogliosi, ci sono quattro buoni esempi: sono i quattro migliori Comuni della provincia: Travacò Siccomario (87,52% di raccolta differenziata), Torre d’Isola (86,57%), Codevilla (82,70%) e Pizzale (82,15%). Conosco personalmente due sindaci, intuisco che il merito di questo risultato sia in gran parte loro. E poi ci sono i quattro Comuni peggiori: Torricella, Montescano, Borgo Priolo e Menconico. Qui la percentuale di differenziata arriva appena sopra al 20%. Pavia capoluogo è 69esima, con il 60%, Vigevano 85esima con il 62% e infine Voghera è 98esima, con il 57%.

    Qui la tabella con tutti i dati della provincia di Pavia con la classifica completa

    La situazione nazionale

    Sul fronte della raccolta differenziata il Mezzogiorno continua a ridurre il divario con Centro e Nord. In aumento il dato nazionale, che attesta la raccolta differenziata al 67,7%, con percentuali del 74,2% al Nord, del 63,2% al Centro e del 60,2% al Sud. Le percentuali più alte si registrano in Emilia-Romagna (78,9%) e in Veneto (78,2%). Seguono Sardegna (76,6%), Trentino-Alto Adige (75,8%), Lombardia (74,3%) e Friuli-Venezia Giulia (72,7%). Tra queste regioni, l’Emilia-Romagna è quella che fa registrare la maggiore progressione della percentuale di raccolta, con un incremento pari a 1,7 punti rispetto ai valori del 2023. Superano l’obiettivo del 65% anche Marche (71,8%), Valle d’Aosta (71,7%), Umbria (69,6%), Piemonte (68,9%), Toscana (68,1%), Basilicata (66,3%) e Abruzzo (65,7%).
    Nel complesso, più del 72% dei comuni ha conseguito una percentuale di raccolta differenziata superiore al 65%. Nell’ultimo anno, l’89,7% dei comuni intercetta oltre la metà dei propri rifiuti urbani in modo differenziato.

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    Poste Italiane, anche a Pavia i trasferimenti da ufficio a ufficio obbligatori (o quasi)

    Se in un ufficio postale “in eccedenza”? Verrai trasferito in un altro ufficio “in carenza”. La scelta del dipendente da trasferire, se non ci sarà stata una scelta “volontaria”, dipenderà dall’anzianità. Insomma, sei giovane, magari hai tre figli e tua moglie lavora, abiti e sei nell’ufficio postale dell’Oltrepo e ti ritrovi, per dire, al confine con Pavia, magari 300 km da fare ad andarci, 30 km da fare per tornare a casa. Ogni giorno. Questa situazione, che per fortuna dovrebbe riguardare pochi lavoratori in provincia di Pavia, entrerà nella fase operativa in queste settimane, con l’invio di mail dell’azienda ai lavoratori interessati (ossia, tutti quelli dell’ufficio in eccedenza) sulla basa di un accordo firmato dalla Cisl e dagli autonomi, ma respinto da Cgil e Uil.

    Spiega il comunicato nazionale di Poste Italiane: “Entro gennaio 2026, al termine della precedente Fase 1 di mobilità mirata su base volontaria, l’Azienda renderà noto l’aggiornamento delle sedi accipienti e cedenti e delle relative numeriche e, in coerenza con quanto previsto dall’Accordo Sindacale del 3 dicembre 2024, avvierà un processo di mobilità collettiva ai sensi dell’art. 39 del vigente CCNL. Nella medesima occasione saranno inoltre pubblicate le graduatorie, declinate per ciascun ufficio cedente, delle risorse non destinatarie di un trasferimento di mobilità mirata volontaria, individuate tramite il medesimo codice alfanumerico utilizzato per la redazione delle graduatorie di cui alla Fase 1. Le graduatorie saranno ordinate secondo i seguenti criteri di priorità: a parità di anzianità aziendale, minore anzianità anagrafica. Sulla base delle suddette graduatorie e nel rispetto delle previsioni legali e contrattuali in materia di trasferimento, sarà individuato, per ciascun UP, il numero massimo di risorse trasferibili, nel rispetto del limite di 20 km di distanza tra la sede di attuale assegnazione e la nuova sede”.

    La situazione di Pavia

    Le sedi “cedenti” di Pavia – quelle con troppo personale – sono: Garlasco, Pieve del Cairo, Vidigulfo e Voghera 2. Le sedi “accipienti” – quelle che riceveranno il personale – sono: Belgioioso, Confienza, Gambolò, Gravellona, Landriano, Lungavilla, Mirabello di Pavia, Pavia centro. I sindacati, ovviamente, segnalano la possibilità di fare ricorso se si compare nella temuta lista. Ricorso da fare rapidamente.

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    I soldi del Pnrr che non spende Pavia e il caso delle scuole che non li vogliono proprio

    I soldi del Pnrr che non servono a nessuno

    Siamo ormai alla fine dell’anno (insomma, manca poco) e val la pena fare qualche verifica sull’efficienza della provincia di Pavia nella gestione dei fondi pubblici. In particolare, i fondi del Pnrr. Utilizzando gli open data di Openpolis, emergono alcuni dati interessanti. Rispetto a un 36% dei pagamenti dei progetti Pnrr a livello nazionale cofinanziati dal Pnrr (ma il 44% dei finanziamenti Pnrr), una percentuale che ci serve a capire a che punto siano i lavori finanziati, in provincia di Pavia sono stati pagati solo il 15% dei progetti su 15 miliardi di risorse complessive su 3.391 progetti complessivi.

    Vediamo, su tutta la marea dei dati disponibili, alcune curiosità. Ad esempio, come stanno gli 8 progetti più importanti per importo. Come si vede l’intervento sul delta del Po è fermo al 9 per cento, quello della Galbani sul cambiamento del processo produttivo appare non aver mai completato alcunché, a zero anche il progetto di formazione medica specialistica e la creazione di un consorzio per la creazione di una struttura di ricerca radiofarmaceutica, e la realizzazione di percorsi formativi all’Its di Belgioioso. Gli altri tre progetti non superano il 50% dei pagamenti.

    I primi 8 progetti per valore

    Sul database si può curiosare incrociando i dati. Un solo esempio, per il Comune di Pavia. Si possono verificare i progetti a quota zero delle percentuali di pagamento. Eccone alcuni: la ristrutturazione della residenza Camillo Chiri di via Cardano, i percorsi formativi al liceo Olivelli, i due ecotomografi per il San Matteo, una lunga serie di progetti dell’Università di Pavia per formazione, corsi e così via, una incredibile marea di soldi (centinaia di migliaia di euro) per i percorsi formativi nelle scuole superiori di Pavia che nessuno sta spendendo (ma servivano risorse per le scuole, si lamentava), il recupero del collegio Don Bosco (accipicchia, ci sono quasi 6 milioni di euro da spendere), ci sono poi milioni e milioni di euro per l’efficientamento energetico di edifici che nessuno sta spendendo. Ma andate sul sito di Openpolis, e controllate quante e quante risorse per la scuola ci sono per la provincia di Pavia e per Pavia in particolare che nessuno spende. Se avanza qualcosa, tranquilli, posso spenderli io.

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    Lo Stato amico dei grandi evasori, ma la Regione severissima con quelli piccoli

    Se si tratta di incassare le tasse non pagate da imprese, commercianti, liberi professionisti e partite Iva varie, lo Stato, e in particolare la Lega, sono di manica larga. Per loro le tasse sono un “pizzo di Stato” e vai così che siamo un mondo davvero all’incontrario. Ma quando si tratta di “normali” cittadini, allora l’ente pubblico, in questo caso la Regione Lombardia, che dal centrodestra di manica larga nazionale è governata, allora non ha pietà. In questo senso si potrebbe commentare l’iniziativa della Cgil di queste ultime settimane sul pagamento dei ticket non saldati da parte di circa 20.000 cittadini. Molti dei quali, evasori inconsapevoli perché non del tutto informati sui diritti dell’esenzione.

    Una rapida sintesi, con l’aiuto dell’intelligenza artificiale.

    • Contestazione del raddoppio: La Regione Lombardia ha imposto una sanzione amministrativa pari all’importo del ticket non pagato, raddoppiando di fatto la cifra dovuta. A differenza degli anni precedenti, questa sanzione non è annullabile nemmeno in caso di pagamento immediato.
    • Accanimento contro i cittadini: Lo SPI CGIL Lombardia definisce questo approccio un “inutile accanimento” contro i cittadini, spesso anziani e fragili, che potrebbero aver commesso errori in buona fede nel complicato meccanismo di autocertificazione dell’esenzione.
    • Problema di sistema: Il sindacato sostiene che il sistema di autocertificazione espone i cittadini all’errore e che spetterebbe alla Regione utilizzare i dati a sua disposizione (ATS, Agenzia delle Entrate) per attribuire correttamente i codici di esenzione, evitando disguidi come la confusione tra pensione bassa e pensione minima.
    • Supporto agli utenti: La CGIL e altre sigle sindacali (come la UIL) hanno invitato i cittadini che hanno ricevuto i verbali a non ignorarli, ma a rivolgersi alle proprie sedi territoriali per ricevere assistenza legale e supporto nella contestazione delle richieste.
    • Impegni non mantenuti: La CGIL ha criticato la legge regionale 17 dell’agosto 2022, ritenuta tardiva e lacunosa, e ha segnalato che gli impegni presi dalla Regione in passato per risolvere il problema non sono stati mantenuti. 

    In sintesi, la CGIL sta mobilitando i cittadini e offrendo supporto per contrastare legalmente le richieste di pagamento raddoppiate, puntando il dito contro un sistema regionale di accertamento che considera iniquo e incline a penalizzare gli errori in buona fede.