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    Nuovo campo nomadi: e se arrivasse la fatina con la bacchetta magica? (no, non arriva)

    Per la serie “not in my back yard”, prosegue la novela sulla creazione di un nuovo campo nomadi. Oltre alla soluzione nei pressi della Riso Scotti, nell’area artigianale, in passato ci furono ipotesi su Pavia Ovest (bloccata dopo una quasi aggressione al sindaco del tempo), su Montebellino (sì, vicino alla piattaforma ecologica), nell’area adiacente al Carrefour, di fronte al carcere. E poiché si costruiscono case un po’ dappertutto, diventa difficile immaginare altre soluzioni. Nel frattempo, come è giusto che accada nel nostro Paese, di fronte a una decisione del centrodestra (area artigianale), il centrosinistra compatto si spaventa e fa marcia indietro. Grazie alla Regione, riesce a ficcare la testa nella sabbia e a rinviare di un anno. In dodici mesi di cose ne possono succedere: i nomadi, la quarantina di famiglie, evaporare per una strana reazione chimica, oppure trasferirsi tutte in un’altra città, o magari salta fuori una fatina e le trasforma in tanti bei cittadini in giacca, cravatta e borsa ventiquattr’ore.

    Per rendere però frizzanti i prossimi mesi, e dare spazio agli articoli sempre precisi e puntuali della Provincia Pavese sull’argomento, assessora Moggi e sindaco Lissia lasciano intendere che sì, stanno studiando un’altra collocazione. Ecco, non so perchè, ma questa frase in oltre trent’anni di giornalismo pavese, devo averla già sentita.

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    Buche nelle strade: e se processano Lissia, Palli e tutti gli altri amministratori? (Collegno docet)

    Buche, strade e ciclisti. Chi paga in caso di incidente?

    Direi che il sindaco Lissia e il presidente Palli (relativamente a Pavia e circondario, ma la questione riguarda tutto il territorio) possono tranquillamente costituirsi alla procura in attesa di un processo che prima o poi arriverà. Anche se molto dipenderà dall’esito di una vicenda che sembra cozzare contro il buon senso giuridico. La sintesi del fatto.

    L’ex sindaco di Collegno, Francesco Casciano, e un dirigente del Comune sono accusati di omicidio stradale per la morte in bicicletta di Aldovino Lancia, nel 2023. Pensionato di 70 anni, era caduto a causa di una buca sull’asfalto mentre pedalava tra strada vicinale di Berlia e via Rosa Luxemburg. Ricoverato in condizioni già gravi (non indossava il casco da bicicletta), è morto il giorno dopo l’arrivo in pronto soccorso.

    In buona sostanza, se cadi o hai un incidente per colpa di una buca, gli amministratori vanno a processo. Naturalmente, si tratta di una sciocchezza. In primo luogo perché secondo questo principio, il sindaco o l’assessore competente sarebbero penalmente (o civilmente) responsabili di qualsiasi danno provocato dalla loro amministrazione. Una responsabilità oggettiva insensata: per restare al caso delle buche, le risorse finanziarie per asfaltare, nello stesso istante, tutte le strade di una città (pensiamo a Milano) non ci sono e non ci saranno mai. La manutenzione viene programmata, e se cadi nella buca di una strada che sarà asfaltata solo domani? E il dirigente, poi, programma e appalta i lavori secondo la risorse che ha a disposizione, spesso coordinandosi con altri enti pubblici e privati (ad esempio le ex municipalizzate o che posa la fibra ottica) per evitare di asfaltare due o tre volte. E intanto, se cadi in bici nella buca, paga il sindaco oppure il dirigente. O l’assessore. O tutti e tre.

    Va da sè che la responsabilità oggettiva è una questione complessa. Se un amministratore delegato di Anas decide di fare la manutenzione a una strada o meno, a un ponte o a un altro, lo farà sulla base di indicazioni dei dirigenti. Come fa a essere responsabile in caso di cedimento di una struttura? Però, se a bilancio non mette le risorse per quell’intervento, diventa responsabile? Insomma, la questione è complessa. Vediamo cosa succede per il caso di Collegno. A sfogliare la pagina Facebook dell’osservatorio di L24, a Pavia e provincia tutti in galera.


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    La nuova piattaforma ecologica (non chiamatela discarica) in piazza della Vittoria

    La nuova piattaforma ecologica gemella di quella di Montebellino, anch’essa gestita da Asm, in piazza della Vittoria, a Pavia. Si tratta di decidere se sotto al Broletto o dall’altro lato, a far compagnia a Tiger. E’ poi così paradossale? Perché tutto ciò che nessuno vuole accanto a sè, secondo l’affermato not in my back yard (non nel mio cortile, per chi non mastica l’inglese), deve finire in periferia? Le logistiche, che creano traffico, inquinamento, lavoro povero e sfruttamento nelle cooperative; i campi nomadi; e le discariche o le isole ecologiche va tutte lì. Vorrebbero anche spostarci bar e locali notturni, per non infastidire troppo i residenti. Nelle nostre periferie, che pure sono gran parte della vita cittadina, spariscono negozi e servizi, avere una fermata in più dell’autobus è impresa titanica, non si vede un agente di polizia locale che sia uno, e il posteggio selvaggio nessuno lo sanziona.

    E allora, il peso della periferia se lo carichi sulle spalle, per una volta, il centro storico, e facciamo ‘sta isola ecologica, ‘sta piattaforma o discarica che sia, tra un bar e i suoi tavolini, tra un elegante negozio e una pizzeria. Diversamente, per una volta, ragioniamo con la città, l’invito è a chi governa, proviamo a immaginarla diversa. E allora lo sappiamo che servono piattaforme ecologiche per smaltire meglio, che ad accogliere i nomadi non può essere piazza Petrarca e che se possiamo fare a meno del lavoro povero delle logistiche staremmo tutti meglio. Discutiamone, senza pregiudizi.

    Oggi la Provincia Pavese, che come sempre ricordo di leggere ogni giorno, riporta molto bene queste vicende. Ricordo solo che, doveva essere il 2000, l’allora sindaco Andrea Albergati, uno dei sindaci migliori che Pavia abbia avuto, incontrò i residenti per l’ipotesi del campo nomadi nella zona di Pavia Ovest. Quasi lo aggredirono fisicamente, seguii la vicenda da cronista. E’ sempre stato così: not in my back yard, e siamo tutti contenti.

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    L’elenco dei 19 autovelox e tutor autorizzati che sono in regola in provincia di Pavia

    Segnala l’amico (su Facebook) Lorenzo Botteri che il Ministero del trasporti ha reso noto l’elenco degli autovelox autorizzati. Cito Botteri: “Da ieri gli automobilisti possono consultare la mappa ufficiale di autovelox e Tutor sul sito velox.mit.gov.it/dispositivi. È la carta d’identità dei 3.625 apparecchi autorizzati in Italia: marca, modello, matricola, chilometro esatto e approvazione prefettizia. Un atto di trasparenza. Del resto, il decreto del direttore generale per la Motorizzazione era chiaro: chi non avesse registrato i propri strumenti, entro lo scorso weekend, avrebbe dovuto spegnerli. Il censimento non risolve però il cuore del problema: l’omologazione. La Cassazione ha chiarito con decine di decisioni costanti che se questa manca i dispositivi non possono produrre multe valide perché non basta l’approvazione del ministero dei Trasporti“.

    Per comodità allego qui l’elenco completo di quelli della provincia di Pavia.

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    I 155 anni della Provincia Pavese: più consapevoli se leggiamo i giornali (e qualche libro, su)

    Una vignetta del Washington Post che spiega il bisogno di buona informazione

    Il 10 dicembre, al teatro Fraschini (ore 17.30, ingresso libero), la Provincia Pavese festeggia i suoi 155 anni. Data curiosa, non tonda, solo cinque anni dopo la grande festa per i 150 anni dalla fondazione del giornale, questa sì cifra tonda. Ma la festa – lo dice chi come me è in pensione da tre giorni tre e che alla redazione di via Tasso prima e a quella di oggi in viale Canton Ticino 16, ci ha lavorato dal 1989 – è meritata. Perché è cambiata la proprietà, perché è stata rinnovata la redazione (già otto di noi sono in pensione, altri ci andranno presto) ed è più giovane, è cambiata la direzione, è rinnovato un po’ anche il modo di fare il giornale quotidianamente. Fatto sta che senza Provincia Pavese, e senza quotidiani in genere da poter leggere, si cresce meno, si conosce meno, si sceglie peggio. Come sempre, cito altri articoli per sostenere questa tesi.

    Un articolo del New York Times, tradotto da Il Foglio, ci ricorda:  “I dati mostrano un declino catastrofico in tutto il mondo: nel 2004 il 28 per cento degli americani leggeva; nel 2023, questa percentuale era scesa al 16. Secondo un sondaggio del 2022, uno su dieci non legge un libro da più di dieci anni. Ma la vera preoccupazione è il declino nella lettura tra i giovani. Nel 2022 i baby boomer americani leggevano più del doppio dei libri all’anno rispetto ai millennial e alla Generazione Z. La stessa situazione si verifica in Gran Bretagna. E quando le persone smettono di leggere – di dare un senso al mondo in cui vivono in base a ciò che leggono – perdono anche la capacità di dare un senso al linguaggio e di comunicare in modo efficace. La degradazione dell’alfabetizzazione equivale al degrado della vita civile stessa. In principio era la parola. E alla fine?”

    Già, alla fine? Alla fine non siamo più capaci di decidere, di giudicare, di capire. E ci facciamo, spesso, del male da soli. “L’antropologo Jack Goody e il critico letterario Ian Watt sostenevano che l’invenzione della scrittura, avvenuta in modo decisivo nell’antica Atene, rappresentò una svolta fondamentale. Se non ci fosse stata la nostra organizzazione sociale e politica intorno alla parola scritta, saremmo tornati indietro nel tempo piuttosto che in avanti”. Appunto.

    Ma la lettura dei giornali è anche una competenza. E con il passare del tempo, con quello che il testo precedenti ci ha sintetizzato, sempre meno persone leggeranno i giornali (e i libri) mentre quelle che lo faranno avranno appunto una competenza in più, una possibilità da spendere anche sul mercato del lavoro. Scrive Giuseppe De Filippi, sempre su Il Foglio: “Eccoci quindi al consiglio, che può riassumersi in un singolo precetto: cari giovani, leggete i giornali. Non tanto perché bisogna essere informati o perché bisogna recitare la preghiera quotidiana del buon uomo moderno, ma perché ormai il leggano davvero in pochi. Per un giovane, che anche se non vuole o non se ne accorge è in competizione con i suoi coetanei, i giornali diventano, proprio per la loro minore diffusione, uno strumento straordinario per accrescere quelle che un economista chiamerebbe asimmetrie informative, cioè condizioni strutturali di maggiore conoscenza degli sviluppi recenti riguardo a eventi (economici, sociali o politici) che toccano la vita di tutti. Siamo tutti sulla stessa barca ma qualcuno sa più cose della rotta, del funzionamento degli strumenti e consulta il bollettino dei naviganti”.

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    Lo Stato amico dei grandi evasori, ma la Regione severissima con quelli piccoli

    Se si tratta di incassare le tasse non pagate da imprese, commercianti, liberi professionisti e partite Iva varie, lo Stato, e in particolare la Lega, sono di manica larga. Per loro le tasse sono un “pizzo di Stato” e vai così che siamo un mondo davvero all’incontrario. Ma quando si tratta di “normali” cittadini, allora l’ente pubblico, in questo caso la Regione Lombardia, che dal centrodestra di manica larga nazionale è governata, allora non ha pietà. In questo senso si potrebbe commentare l’iniziativa della Cgil di queste ultime settimane sul pagamento dei ticket non saldati da parte di circa 20.000 cittadini. Molti dei quali, evasori inconsapevoli perché non del tutto informati sui diritti dell’esenzione.

    Una rapida sintesi, con l’aiuto dell’intelligenza artificiale.

    • Contestazione del raddoppio: La Regione Lombardia ha imposto una sanzione amministrativa pari all’importo del ticket non pagato, raddoppiando di fatto la cifra dovuta. A differenza degli anni precedenti, questa sanzione non è annullabile nemmeno in caso di pagamento immediato.
    • Accanimento contro i cittadini: Lo SPI CGIL Lombardia definisce questo approccio un “inutile accanimento” contro i cittadini, spesso anziani e fragili, che potrebbero aver commesso errori in buona fede nel complicato meccanismo di autocertificazione dell’esenzione.
    • Problema di sistema: Il sindacato sostiene che il sistema di autocertificazione espone i cittadini all’errore e che spetterebbe alla Regione utilizzare i dati a sua disposizione (ATS, Agenzia delle Entrate) per attribuire correttamente i codici di esenzione, evitando disguidi come la confusione tra pensione bassa e pensione minima.
    • Supporto agli utenti: La CGIL e altre sigle sindacali (come la UIL) hanno invitato i cittadini che hanno ricevuto i verbali a non ignorarli, ma a rivolgersi alle proprie sedi territoriali per ricevere assistenza legale e supporto nella contestazione delle richieste.
    • Impegni non mantenuti: La CGIL ha criticato la legge regionale 17 dell’agosto 2022, ritenuta tardiva e lacunosa, e ha segnalato che gli impegni presi dalla Regione in passato per risolvere il problema non sono stati mantenuti. 

    In sintesi, la CGIL sta mobilitando i cittadini e offrendo supporto per contrastare legalmente le richieste di pagamento raddoppiate, puntando il dito contro un sistema regionale di accertamento che considera iniquo e incline a penalizzare gli errori in buona fede.

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    Tutti quei soldi per il dissesto idrogeologico in Oltrepo (ma non solo). C’è una strategia?

    L’alluvione in Indonesia (dal Guardian)

    Negli ultimi cinque o dieci anni credo, da giornalista caposervizio, di aver titolato e pubblicato qualche centinaio (forse di più) articoli che raccontavano come Comuni, Provincia e Regione avessero stanziato soldi, soldi e ancora soldi destinati al nostro Oltrepo per quello che conosciamo tutti come “dissesto idrogeologico”. Ora, non voglio neppure ipotizzare che siano soldi sprecati, ma la sensazione, in questi anni e contando un disastro dopo l’altro, è che sia mancata a livello nazionale, ma forse non solo, una strategia che si possa definire tale. Insomma, si vive – un classico italiano – di interventi a tampone (a tanti begli appalti). Come i bonus: qualcosa risolvono, ma poi si è da capo. Mi è venuto in mente guardando le due fotografie pubblicate dal Guardian e dal Washington Post sull’alluvione che in questi giorni ha colpito Indonesia, Thailandia e Sri Lanka, fotografie che ho accostato a un bell’articolo de Il Foglio del lunedì a firma di Giulio Boccaletti, scienziato e scrittore italo-britannico che è stato ricercatore associato onorario presso la Smith School of Enterprise and the Environment.

    L’articolo descrive come eventi recenti di piogge torrenziali, frane ed esondazioni mostrino che il rischio idrogeologico in Italia è ormai sistemico e non gestibile solo con interventi locali e d’emergenza dopo ogni disastro. L’autore osserva che, nel breve intervallo tra una catastrofe e l’altra, si scatena la caccia al colpevole, ma questo riflesso mediatico e politico impedisce di vedere le cause strutturali legate a come è stato occupato, costruito e trasformato il territorio negli ultimi decenni.​

    Si sostiene che la frequenza crescente degli eventi estremi rende inevitabile ripensare la gestione del suolo, delle aree agricole e dei versanti, puntando su manutenzione ordinaria, rinaturalizzazione, difesa delle aree di esondazione naturale dei fiumi e riduzione del consumo di suolo. Viene criticata l’idea che bastino grandi opere isolate o misure solo tecniche: senza una strategia complessiva di pianificazione del paesaggio, ogni intervento rischia di essere inefficace o addirittura controproducente.​

    L’articolo richiama anche il tema delle risorse pubbliche, ricordando che gli investimenti, inclusi quelli legati ai vincoli europei e al PNRR, dovrebbero essere orientati da una visione di lungo periodo, e non dall’urgenza del singolo disastro o dalla pressione dell’opinione pubblica. In questo quadro, alla politica viene chiesto uno sforzo di programmazione: definire priorità territoriali, integrare ambiente, agricoltura, urbanistica e protezione civile, fissare obiettivi misurabili di riduzione del rischio e assumersi responsabilità su orizzonti temporali che vadano oltre la singola legislatura.

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    Pavia e la qualità della vita: siamo la provincia peggiore della Lombardia

    Non ve la sto a fare troppo lunga. Pavia ancora bocciata da una classifica. Stavolta dalla classifica sulla qualità della vita 2025 che stamane pubblica il quotidiano Il Sole 24 Ore che vi suggerisco di acquistare anche se non siete dei maniaci delle questioni finanziarie o economiche. Pavia, dunque, si piazza 56esima per qualità della vita perdendo ben 13 posizioni rispetto allo scorso anno. Nessuna sorpresa se in testa troviamo Trento, Bolzano e Udine. Lì, nel nordest, si vive meglio. Anche se ci trascorri soltanto una settimana di vacanza te ne rendi conto. Meglio di Pavia, in Lombardia, ci stanno Bergamo, Milano, Cremona, Lecco, Monza Brianza, Sondrio, Como, Brescia, Mantova, Varese e Lodi. Cioè, siamo ultimi. Tutti i dettagli, appunto, su Il Sole 24 Ore.

    Amen.

    Ps. All’amico di Facebook che dice che sembro goderci a parlare male di Pavia, ricordo che i numeri sono numeri. Poi ognuno ci fa le valutazioni che vuole. A Pavia voglio bene, ma accidenti, diamoci una mossa.

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    La serata speciale di musica, con Paolo ed Edward sul palco a fare comunità

    Il concerto di Paolo Pieretto ed Edward Abbiati

    Inizio male, come al solito. Premetto subito che quel genere musicale non è ciò che si dice my cup of tea. Io suono (come posso e quando posso, cit.) e ascolto quasi soltanto jazz e quindi va da sè che cantautorato, rock e pop non attirano quasi mai la mia attenzione (a condizione che non siano Pino Daniele, Guccini e il De Gregori del tempo che fu). Eppure, l’altra sera, a San Martino Siccomario, al teatro Mastroianni, la serata-concerto dell’amico Paolo Pieretto e di Edward Abbiati – con tanto di ospiti e chiacchierate varie – è stata davvero speciale. Al di là del fatto che, da musicista, sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla cura degli arrangiamenti, dall’intensità del suonare e dalla partecipazione del pubblico, quel che si è colto era un senso di comunità (è stato anche sottolineato) che solo certa musica con certe persone riesce ad ottenere. Non è stato un caso che ci fosse l’onnipresente e secondo alcuni onnisciente Daniela Bonanni, che sullo sfondo ci fosse il sostegno a una associazione di volontari, che il Comune avesse concesso gratuitamente la sala. Eppoi, come ha fatto notare Paolo, c’è bisogno di musica, di spazi per farla, di amministrazioni comunali che si “sbattano” per creare occasioni e luoghi. Pavia è ancora orfana di Spazio Musica, anche se Paolo Pieretto, a modo suo, l’ha fatta rivivere come ha potuto. Il giorno in cui Spazio riaprirà i battenti da qualche parte in città, e non in luogo distante in periferia, il dado sarà tratto. Fare musica e creare luoghi per la musica è più utile, per una buona società, di un paio di pattuglie messe in strada il sabato sera. Sempre che servano a qualcosa. E come dice sempre un mio amico: buona musica a tutti.

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    L’incubo di vivere in un brutto Paese. Una storia tristissima dagli States

    Il titolo del Los Angeles Times

    Ma voi vorreste vivere in un Paese del genere? Il sogno americano un par di ciufoli. E’ un incubo americano. La storia riportata nell’articolo del Los Angeles Times è la seguente, per punti.

    • L’accaduto: Any Lucia Lopez Belloza, una studentessa di 19 anni del Babson College, è stata fermata all’aeroporto di Boston mentre cercava di volare in Texas per il Ringraziamento e, nel giro di due giorni, è stata deportata in Honduras (paese che aveva lasciato all’età di 7 anni).
    • La motivazione ufficiale: L’agenzia per l’immigrazione (ICE) sostiene che esistesse un ordine di espulsione a suo carico risalente al 2015.
    • La difesa: L’avvocato della ragazza afferma che lei non era a conoscenza di tale ordine e che, secondo i documenti in loro possesso, il suo caso era stato chiuso nel 2017.
    • Violazione legale: La deportazione è avvenuta violando un ordine di emergenza emesso da un giudice federale, che aveva esplicitamente vietato al governo di trasferire la studentessa fuori dagli Stati Uniti per almeno 72 ore.
    • La situazione attuale: La ragazza si trova ora in Honduras con i nonni, devastata per essere stata separata dalla famiglia (rimasta negli USA) e per aver visto infrangersi il suo sogno di studiare economia.
    • Lopez Belloza, che ora si trova con i nonni in Honduras, ha detto al Boston Globe che non vedeva l’ora di raccontare ai suoi genitori e alle sorelle minori del suo primo semestre di studi in economia (business).

    “Quello era il mio sogno”, ha detto. “Sto perdendo tutto”.