Post produzione

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    Idee per il Naviglio Pavese

    Tutt’altro che facile. Alla Provincia Pavese abbiamo indetto un concorso fotografico in occasione dei duecento anni del Naviglio Pavese. Potevamo non farlo, noi che abbiamo la redazione che si affaccia su questo bellissimo corso d’acqua? Ma quando chiedi a qualcuno di mettersi in gioco, è anche giusto provare ad affrontare le stesse difficoltà nel raccontare per immagini questo naviglio che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni (e quindi, di fatto, non lo vediamo). Ho speso un’ora, in bicicletta, per percorrerlo avanti e indietro, nel tratto compreso nel territorio di Pavia. Ho fatto qualche scatto provando stili diversi. Questo è il risultato. Questo il link per partecipare al concorso.

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    L’utilità di Photoshop

    Non sono un maniaco di Photoshop, so perfettamente che la post produzione, per quanto di qualità possa essere, non trasforma una brutta fotografia in una bella fotografia. Ma permette di trasformare una fotografia, bella o brutta che sia, in un’immagine più gradevole sotto il profilo cromatico oppure tonale. Nelle tre immagini che vedere qui sotto, ho preso una vista dall’alto di Parigi oggettivamente piena di difetti, l’ho corretta con Adobe Raw, poi le ho dato una sistemata finale con Photoshop. Credo che la differenza si veda. Certo, una fotografia banale resta banale, ma anche una brutta auto, se tenuta bene, pulita e la carrozzeria lucidata, è meglio di un catorcio sporco e mal tenuto.

    La fotografia originale
    La prima modifica in Adobe Raw
    L’immagine finale
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    Un tavolaccio

    Qui sotto non c’è una gran foto. Tutt’altro. Ma la pubblico perché il risultato dello scatto, quello che state vedendo, è esattamente (quasi esattamente) ciò che avevo in mente nel momento in cui ho premuto il pulsante sulla fotocamera. Immaginavo che la prospettiva, dal basso, parallela al tavolaccio potesse dare forza all’immagine, che gli oggetti lasciati lì disordinatamente servissero a creare profondità, che l’obiettivo con il diaframma aperto al massimo creasse lo sfocato necessario e infine che Paola, sempre sfocata, servisse a dare vita alla fotografia in modo che non si trasformasse in una sorta di still life all’aperto. E infine, i colori che avevo di fronte li immaginavo già trasformati e resi più caldi in fase di post produzione. Ecco, come detto, non è una gran foto, ma è quella che immaginavo. Ed è un esercizio utilissimo. Anche perché, poi rivedendola, mi sono reso conto che tagliare l’angolo del tavolo è stata una sciocchezza. E dagli errori si impara. Eccome.

    In Toscana
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    Il barbiere di Voghera

    E’ sempre stato uno dei miei ritratti preferiti. Devo averlo scattato cinque o sei anni fa, a Voghera, quando ancora c’era una redazione del quotidiano La Provincia Pavese in città, quotidiano dove lavoravo (e lavoro ancora). In via Scarabelli, proprio sotto la redazione, c’era un barbiere dove andavo a farmi tagliare i pochi capelli rimasti e aggiustare la barba. In quel periodo avevo iniziato a fare un lavoro fotografico sui ritratti e gli chiesi se voleva posare per me. Ne venne fuori questa immagine.

    Il barbiere di Voghera
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    Il Paese più bello del mondo

    Spesso si dice che il nostro è il Paese più bello del mondo. Forse si esagera, ma è certamente vero che ci sono luoghi splendidi in Italia che non smettono mai di sorprenderci. Devo però dire che nei luoghi storici spesso, per un fotografo, ci sono problemi a scattare fotografie altrettanto sorprendenti. Perché può succedere che le bellezze si ripetano e una, proviamo a dirla così, assomigli all’altra. E che la fotografia diventi cartolina. La bellezza, insomma, non sempre è garanzia di una foto originale. Punto di vista, prospettiva e inquadratura, ad esempio, possono aiutarci a raccontare in modo diverso, se non originale. In questa immagine ho fatto un tentativo, di fronte all’ennesima, meravigliosa bellezza italiana: il castello di Populonia.

    Il castello di Populonia, in Toscana
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    Passato e presente

    La serafica immobilità della candida statua da una parte e, dall’altra, la donna sulle scale mentre chiacchiera, cellulare in mano, ad alta voce nel silenzio (fino a quel momento) del centro storico di Sassetta. Dopo il diavolo triste, nella fotografia precedente, ho voluto raccontare in un’immagine il contrasto tra passato e presente, tra tranquillità e confusione.

    Arte per strada a Sassetta, in Toscana
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    Il diavolo non fa paura

    Sembrava un diavolo o un angelo caduto, un mostro appollaiato sul tetto di una casa, tristissimo, un mostro cattivo che non faceva paura. Mi ha colpito quella statua mentre passeggiavo per le strette vie di Sassetta, in Toscana. Nella fotografia ho cercato di isolarla il più possibile dal contesto, riprendendola lateralmente, in modo da accentuarne la posa.

    Il diavolo (ma è un diavolo?) triste di Sassetta
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    Il Laowa 9mm f/2.8 Zero-D

    Mi sono tolto lo sfizio di acquistare questo obiettivo ultragrandangolare fisso per ampliare il mio corredo Fuji. Non starò qui a discutere delle sue caratteristiche tecniche, ci mancherebbe. Ci sono in rete decine di siti specializzati dove approfondire. Ma posso dire che, utilizzato anche sulla Fuji X-T1, dà delle belle soddisfazioni. Val la pena davvero di provarlo. Qui sotto, un paio di scatti di prova che ho fatto con questo sorprendente 9mm.

    Scatto con il Laowa 9mm f/2.8 ZeroD
    Scatto con il Laowa 9mm f/2.8 ZeroD
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    Sotto al ring

    Dopo una piccola pausa dovuta al lavoro (tanto) e alle vacanze primaverili (poche), eccomi di nuovo qui con un’altra fotografia. Niente street, stavolta, ma un po’ di sport. In occasione del ritiro di un premio in memoria di un collega scomparso alcuni anni fa, l’associazione pugilistica di Pavia ha organizzato una serata di incontri, un torneo insomma. Prima delle formalità, ho scattato alcune foto da sotto al ring. Mi era già capitato di farlo qualche tempo fa, a Voghera, e mi ero reso conto delle difficoltà tecniche. Qui l’illuminazione era peggiore – è un palazzetto dello sport, non perfetto per il pugilato – ma tutto sommato la mia Fuji X-T3 con il 16-55mm non si è comportata malissimo. Purtroppo, ho dovuto lavorare a 6400 iso.

    Pavia, Trofeo Angelo Bonacossa, aprile 2019
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    L’immaginavo così

    L’immaginavo così. Per me il bianco e nero è questo, e lo è stato da quando fotografavo con una Pentax Mx in analogico e sviluppavo le pellicole e le stampe nel bagno della casa dei miei genitori. Quando non c’era l’anteprima sullo schermo della mirrorless, quando il rullino mica potevi sprecarlo. Non lo faccio neppure oggi, a dire il vero, non esagero mai con gli scatti. Perché, quando faccio click, per quanto un click artificiale, so già come vorrò quell’immagine. E questa che vedete qui sotto, bella o brutta che sia, uscendo alle 10 del mattino dallo studio del fisioterapista, e gettando lo sguardo verso l’alto, me la sono proprio immaginata così.