Città e Paesi
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Indigestione di colore (Burano)
Per uno come me, che ama fotografare costruendo e pensando in bianco e nero, Burano è un risveglio brutale nel mondo del colore a tutti i costi. Oddio, non che non si possa fotografare in bianco e nero anche lì, ma il colore ti chiama prepotentemente. Così, ho scelto quattro fotografie che provano a raccontare appunto la tavolozza cromatica di quel paese immerso nella laguna veneta.
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Un classico dei classici
Se qualcuno, guardando questa fotografia, mi contesterà che è la “solita foto di Burano”, avrà probabilmente ragione. Ma quando con il traghetto, per la prima volta, scopri questo panorama, sembra unico, disegnato soltanto per te e non per i milioni di viaggiatori che hanno avuto il piacere di osservarlo. E così, come uno dei tanti singoli viaggiatori, ho scattato la solita foto. Con il solito piacere, poi, di rivederla e di farla vedere agli altri.
Burano, arrivando con il traghetto -
Il cameriere di Parigi
Rivedere le vecchie fotografie è un utile esercizio. Capita, almeno a me, di fare due riflessioni: ah, come fotografavo meglio prima e, subito dopo, ah, come fotografo meglio adesso. Infine, colto dal dubbio che fotografassi male prima e dopo o, magari bene sempre, e chi mai lo saprà visto che aveva ragione Cartier Bresson quando diceva che le prime 10.000 fotografie che uno fa sono le peggiori. E all’epoca fare 10.000 negativi analogici era un bel fare, mica come adesso e sono incerto sull’essere arrivato o meno a quella cifra. Ecco, ho divagato. Dicevo, che rivedendo le fotografie ritrovo questo ritratto scattato a Parigi, a un cameriere che, all’aperto, accanto al locale, prendeva un po’ d’aria e di riposo.
Parigi, cameriere -
Il fascino del vuoto
Credo il fascino della piazza d’armi di Palmanova stia non tanto in ciò che contiene, quasi nulla, né in ciò che la circonda (palazzi non eccelsi, per quanto interessanti). Il fascino sta nell’assenza, nello spazio vuoto che è circondato da quei palazzi e che si attraversa a piedi, in estate sotto il sole cocente, con una luce che brucia gli occhi. E ancora, il fascino sta nell’immaginare quella piazza vista dall’alto, nella sua perfezione. Così, quando la fotografi, il senso che cerchi di dare, che ho cercato dare, era proprio non tanto il fascino, quanto l’angoscia dello spazio vuoto.
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Stregato dalla luce
Difficilmente scatto fotografie, e poi a colori, degli interni di chiese, cattedrali, basiliche. Un po’ perché le fotografano tutti e non vedo cosa mai potrei aggiungere di nuovo; un po’ perché si può anche fare, ma ci vuole tecnica (e un cavalletto) e molta pazienza. Eppure, all’arrivo a Gorizia, capita di entrare nella prima chiesa che incontriamo – perdonatemi, non ne ricordo il nome – per dare un’occhiata, che un bell’affresco o una scultura degni di essere osservati si trovano quasi sempre. La chiesa dedicata a non so quale santo, è poco illuminata, ma a quell’ora, per una fortunata combinazione, la luce mi sembra proprio quella giusta. Sta a vedere, mi dico, che non sarà proprio la solita foto. Rivedendola ora, un suo fascino ce l’ha. E la condivido.
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La villa Moretti (quelli della birra)
Nel viaggiare in provincia di Udine, questa estate ci siamo imbattuti in questo splendido e affascinante edificio, villa Moretti, a Tarcento. Un nome importante, quello della famiglia di “birrai”, e un luogo che nei suoi oltre cent’anni di vita ha ospitato personaggi del mondo del cinema. La villa la fece costruire Luigi Moretti, figlio dell’omonimo fondatore della fabbrica di birra e l’architetto Berlam si ispirò al Liberty bavarese e in particolare al castello di Miramare. Alla dimora di Massimiliano d’Asburgo somigliava molto nei primi anni, poi verso il 1910 sopra le torrette, per rimediare alle infiltrazioni d’acqua è stata posta la copertura che gli ha dato l’aspetto attuale. Impossibile non fotografarla. Impossibile, senza potervi entrare, fotografarla in modo originale. Ma tant’è…
Villa Moretti a Tarcento (Udine) -
Polenta e merluzzo
Dite quello che volete, ma le tradizioni hanno sempre il loro fascino. Anche gastronomico. Domenica scorsa era impossibile non presentarsi con le pentole alla distribuzione di polenta e merluzzo che aveva organizzato la pro loco di Torre Daniele, frazione di Settimo Vittone, in Piemonte. Tutti in coda, poi di corsa a casa a mangiare. Contenti non solo per il cibo, ma anche per aver rivisto qualche vecchio amico e parente.
Polenta e merluzzo a Torre Daniele (To) -
Il porto di Ravenna
Si sa, la fotografia è fatta di gusti personali. Un’immagine che racconta qualcosa a me, magari non racconta nulla ad un altro. La speranza è di riuscire a trovare quello scatto che dica qualcosa a chiunque lo guardi. Fatta la premessa, quella che pubblico è un’immagine dell’area industriale del porto di Ravenna. Sullo sfondo le case popolari, in primo piano una nave merci alla fonda. Non so perché, ma le linee degli edifici e quelle dell’imbarcazione mi sembravano collegate da qualcosa, dando un significato alla fotografia. Oppure sarà stata la parola “Belize” che mi riportava alla mente un viaggio in Centroamerica di tanti, tanti anni fa.
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Chiaravalle, finalmente
In tanti anni che abito in Lombardia, non avevo mai visitato l’abbazia di Chiaravalle. L’ho fatto la scorsa settimana, probabilmente nel giorno peggiore per fotografarla: una giornata di nebbia fittissima. Non è stata una scelta ponderata, perché in realtà stavamo andando a San Donato Milanese per vedere una mostra fotografica dedicata al Concorso internazionale di fotogiornalismo “Andrei Stenin” (la consiglio a tutti) che si teneva allo spazio Cascina Roma. Beh, insomma, mentre percorriamo la strada per San Donato, vediamo sullo sfondo il monastero e ci diciamo: “Non l’abbiamo mai visitato…” e così facciamo marcia indietro e cambiamo direzione. Poi la mostra l’abbiamo visitata lo stesso. Queste, dell’abbazia, sono le foto che preferisco: una all’interno, l’altra nel momento, forse uno dei pochi, in cui la nebbia si è un po’ alzata.
L’interno della chiesa La chiesa del monastero -
La luce di Padova
Come sempre, quando si arriva in una città ricca di spunti artistici e monumentali come Padova, il rischio concreto è di scattare soltanto delle foto-cartoline. Ancor di più, quando il soggetto è un complesso meraviglioso come la basilica di di Santa Giustina. Quel giorno di primavera, dopo una mattinata di maltempo, il cielo si era schiarito e nel pomeriggio inoltrato la luce era ancora cambiata con l’arrivo di altre nuvole. Così cambiata che forse avrei potuto ottenere un’immagine della basilica leggermente diversa dal solito. Naturalmente, sotto il profilo delle luci. Questo è il risultato.