Controluce

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    L’isola dei Conigli (raggiunta a piedi)

    La prima cosa che dice Paola è: “Una cosa da turisti, non ci andiamo”. La mia osservazione: “Ma noi SIAMO turisti”. Ok, era una cosa da turisti. Ma ci siamo andati perché avevo intenzione di scattare qualche immagine di quel fenomeno. Ossia, citando la notizia da Bresciaoggi.it, “non è mai stato così basso il livello dell’acqua nel Lago di Garda durante il periodo invernale: l’ultima volta risale a più di 30 ann fai. Un fenomeno che ha fatto riaffiorare l’istmo che congiunge la terraferma con la piccola Isola di San Biagio, conosciuta anche con la denominazione di Isola dei Conigli, a Manerba sul Garda, in provincia di Brescia”. Ecco. Il problema, fotograficamente parlando, era che tutta Italia, beh magari non tutta, aveva scattato fotografie di quel fenomeno. Mi sono aggiunto, spero, con un briciolo di originalità (ma non ne sono certissimo…). Ecco il risultato.

    Verso l’isola dei Conigli
    Verso l’isola dei Conigli
    Verso l’isola dei Conigli
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    Controluce trentino

    Non è stato facile fotografare in quelle condizioni. Confermando quanto detto nei due post precedenti, quando mi sono trovato di fronte alla meraviglia di queste montagne delle Dolomiti ho provato comunque a scattare qualche immagine, anche se la gestione del controluce non è stata esattamente uno scherzo. Comunque sia, questo è uno dei risultati che, garantisco, non riesce a trasmettere tutta la meraviglia di quell’incontro con le vette.

    Le Dolomiti del Trentino
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    Un paesaggio da favola

    Dicevo, nel post precedente, che anche quelli non proprio bravissimi con la fotografia paesaggistica, a volte non faticano a raccontare un luogo con le immagini quando quel luogo è meraviglioso di suo. In Trentino, in una giornata fredda ma soleggiata, con le nuvole al posto giusto, persino un terrificante controluce può diventare un’ottima opportunità per documentare quel territorio. Un po’ di necessaria “rettifica” in post produzione per recuperare le ombre, e poi queste Dolomiti sullo sfondo che presto – la camminata è appena iniziata – raggiungeremo.

    Dolomiti, verso la vetta
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    Campo da basket

    Come spesso accade l’immagine che ti trovi davanti e che ti fa pensare ad una possibile fotografia la scopri alla fine. In questo caso alla fine di una lunga passeggiata – circa un’ora e mezza – attraverso i campi tra la frazione Fossarmato di Pavia e Albuzzano insieme a Paola. E quando appunto mancano cinquanta metri al posteggio dove avevamo lasciato l’auto, quel palo attira l’attenzione per la presenza di un canestro. Chi gioca e sbaglia a tirare lancia la palla nei campi e il campo è un pezzo di strada mal asfaltata, probabilmente calda come l’inferno d’estate. Ma il gioco e il gioco…

    Campo da basket a Fossarmato, Pavia

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    Stregato dalla luce

    Difficilmente scatto fotografie, e poi a colori, degli interni di chiese, cattedrali, basiliche. Un po’ perché le fotografano tutti e non vedo cosa mai potrei aggiungere di nuovo; un po’ perché si può anche fare, ma ci vuole tecnica (e un cavalletto) e molta pazienza. Eppure, all’arrivo a Gorizia, capita di entrare nella prima chiesa che incontriamo – perdonatemi, non ne ricordo il nome – per dare un’occhiata, che un bell’affresco o una scultura degni di essere osservati si trovano quasi sempre. La chiesa dedicata a non so quale santo, è poco illuminata, ma a quell’ora, per una fortunata combinazione, la luce mi sembra proprio quella giusta. Sta a vedere, mi dico, che non sarà proprio la solita foto. Rivedendola ora, un suo fascino ce l’ha. E la condivido.

    Una chiesa a Gorizia (di cui per ora non ricordo il nome)
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    I soliti punti di vista

    Di fotografabile, nella meravigliosa piazza della Libertà di Udine, con tutto il fascino del suo stile veneziano, c’è moltissimo. Quando però arriviamo lì, la sfortuna vuole che sia stato aperto un grande cantiere, che uno dei palazzi più belli sia coperto dalle impalcature e che stiano montando un palco per un concerto. Insomma, il fascino resta, ma per chi vuole fotografare, appunto, le prospettive cambiano. E non è un modo di dire. Perché alla fine la fotografia che mi è piaciuta di più, è spero piaccia, è quella di questo bambino che va in bicicletta sotto al porticato del palazzo municipale. Fotografato, come era ovvio, da un’altra prospettiva, mentre scendevo le scale.

    Palazzo municipale, Udine
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    Non è facile per niente

    Nel nostro meraviglioso Paese dei sessanta milioni di allenatori della Nazionale di calcio e degli altrettanti sessanta milioni (e rotti) di presidenti del Consiglio, figuriamoci se non troviamo anche sessanta milioni di fotografi. Intendo dire, fotografi professionisti. La differenza tra un fotografo, anche bravo, e un fotografo professionista, è abissale. Per gli obiettivi da raggiungere, da garantire. Perché – faccio un esempio paradossale – se ti chiedono, subito, una foto di tramonto e quella sera il tramonto non c’è (fotograficamente parlando) tu lo devi scattare lo stesso. Come? Ecco, qui si vede la differenza tra fotografo professionista e bravo dilettante. Me ne sono reso conto, per lavoro, diverse volte. Mi è capitato di dover avere una foto di un incidente stradale, e l’incidente stradale non c’era più, o di un evento in genere, e l’evento era bello che finito. Non è facile, garantisco. Lavorando con tanti fotografi, e spesso fotografando direttamente io, so di cosa parlo. Ma non sempre lo sai. L’ho compreso appieno una sera, quando Luca, un amico fotografo specializzato in concerti, mi ha chiesto di sostituirlo per un lavoro serale, a Milano. Quella volta ho fotografato da professionista di quella “specialità” e mi sono reso conto delle grandi difficoltà e della tensione del dover avere almeno una foto buona. Non saprei giudicare il risultato, ma avendo visto poi le sue fotografie, lui avrebbe fatto decisamente meglio. Quindi, prima di sentenziare di fotografia, bisognerebbe, a volte, sapere di cosa si sta parlando. Ah, ecco, queste sono alcune foto di quella sera (e come vedete, sono abbastanza bruttine).

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    Jazz

    Fotografare ai grandi concerti pop e rock deve essere emozionante. Non mi è mai capitato, quest’anno vedrò di rimediare… Per ora mi sono emozionato con il jazz. Credo che il fatto di suonarlo, il jazz, di conoscerne molti aspetti anche tecnici, mi aiuti a scattare immagini che, spero, raccontino bene cosa significa fare musica. Nell’istante in cui si fa. Questa è una delle fotografie che mi piacciono di più. Al contrabbasso c’è un amico, Tito Mangialajo Rantzer, grandissimo musicista di Pavia.

    Tito Mangialajo Rantzer, contrabbasso
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    Ancora sulla post produzione

    Le due immagini che vede qui sotto possono essere un accettabile esempio di post produzione in condizioni difficili. La fotografia originale, evidentemente scattata in controluce, era assolutamente piatta. Lavorando solo cinque o sei minuti e utilizzando la tecnica delle “tonality and luminosity mask” il risultato appare decisamente accettabile. Credo che studiare questa tecnica sia un esercizio utile per migliorare le proprie fotografie senza per questo applicare una post produzione “violenta” e che spesso trasforma in un gioco grafico una brutta fotografia.

    Post scriptum: naturalmente, ho dovuto utilizzare una fotografia disponibile in rete per l’editing. Io non scatto fotografie piatte… :-D

    Fotografia originale
    Fotografia post prodotta
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    La tua amica luce

    A volte basta pochissimo per ottenere un’immagine particolare, un po’ diversa dalle altre. A volte bisogna mettere insieme tanti elementi, ad esempio – in questo caso – luce e posizione. La luce è quella del tramonto, a Verona, era autunno. La posizione è quella dell’arena, un classico per chi visita la città. Insieme hanno creato questa immagine, un controluce che andava un po’ controllato, ma che alla fine, almeno mi pare, ha avuto un senso. Almeno per me. E per chi pensa, e sono in tanti per fortuna, che la vecchia regola del “sole alle spalle” non sempre funziona. O meglio, funziona ma non dà mai grandi risultati.

    Verona, un giorno d’autunno