Guardare
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Non solo bianco e nero
Un caro amico fotografo un giorno mi disse: “Facile fotografare in bianco e nero”. Come dire: una tecnica per dare sale a una immagine insapore. Così, per scherzo, ho provato a pensare e fotografare a colori. Questa è una sintesi del risultato…
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Ombre
Finché la mattina il termometro scende sotto lo zero e fatica a risalire, i quattro, cinque chilometri tra casa e la redazione li faccio ancora in auto. Poi, dal parcheggio al lavoro sono, dipende dal posto, cinque minuti a piedi. Quasi sempre lo stesso percorso, quasi sempre allo stesso orario, sempre con la stessa fotocamera (la mirrorless Fuji X-T1) e lo stesso obiettivo (il 23mm f1.4): non è facile trovare spunti nuovi in questo esercizio mattutino di osservazione. Stavolta a richiamare la mia attenzione è stato un gioco di ombre che già immaginavo in bianco e nero al momento di scattare.
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Notte a Marrakech
Piazza Jemaa El Fnaz, a Marrackech, non si può raccontare a parole. Solo le immagini sono in grado di spiegare cosa accade nella città più incredibile del Marocco. Quella notte credevo di non riuscire a fotografare, per la prima volta, abbandonata la full frame della Canon, mi avventuravo con la X-T1 della Fuij. Temevo fallissero tutti gli scatti. E invece… Eccone uno.
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Davanti a me ogni giorno
Ci sono dei giorni d’inverno in cui il freddo, la mancanza di tempo e a volte anche un po’ la voglia, ti allontanano dalla fotocamera. Ho sfruttato quindi la camminata da casa al giornale per scattare banalmente quello che mi sono trovato di fronte nel solito percorso di quattro-cinque chilometri. Poi, alcune di queste fotografie, le ho elaborate al computer. Per chi fosse interessato ai dati tecnici: Fuij X-T1, 23mm F1.4.
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Colline oltrepadane
In questa domenica di gennaio, con la luce fastidiosa del mezzogiorno, non c’era francamente molto da fotografare dall’alto (si fa per dire, circa 300 mt di altitudine) del borgo di Castana, in Oltrepo. Eppure, quell’albero solitario sulla cima della collina era lì a chiamare uno scatto. Eccolo. Non so quanto possa piacere, ma rende l’idea di questa domenica (in cui, più tardi, si dovrà lavorare in redazione…).
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La tua amica luce
A volte basta pochissimo per ottenere un’immagine particolare, un po’ diversa dalle altre. A volte bisogna mettere insieme tanti elementi, ad esempio – in questo caso – luce e posizione. La luce è quella del tramonto, a Verona, era autunno. La posizione è quella dell’arena, un classico per chi visita la città. Insieme hanno creato questa immagine, un controluce che andava un po’ controllato, ma che alla fine, almeno mi pare, ha avuto un senso. Almeno per me. E per chi pensa, e sono in tanti per fortuna, che la vecchia regola del “sole alle spalle” non sempre funziona. O meglio, funziona ma non dà mai grandi risultati.
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Basta lo sguardo
Ho scattato questa fotografia qualche anno fa, a Voghera, in piazza Duomo, durante una festa di carnevale dedicata ai bambini. E’ stata, forse, l’unica immagine buona della giornata e questo grazie agli occhi della ragazzina che mi guardava dall’alto di un carretto trainato da cavalli. Ancora una volta, se mai servisse una conferma, la legge sui ritratti è implacabile: occhi e sguardo, il resto è soltanto contorno.
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Attimo, profondità, elementi
A volte l’attimo decisivo, specie se non è particolarmente “decisivo”, non basta. Per fare una buona, o almeno discreta fotografia, servono altri elementi, ad esempio la profondità, la tridimensionalità, lo sfocato corretto che isoli quell’attimo, rendendolo se possibile un po’ più “decisivo” di quanto sia in realtà. Credo che mi sia capitato scattando questa fotografia tre anni fa, la domenica nel tardo pomeriggio, in bellissimo giardino di non ricordo dove.
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La luce (quasi) perfetta
Spesso ci danniamo l’anima cercando la luce perfetta artificiale. Studiamo le tecniche di illuminazione con i flash off camera, con softbox e ombrelli, con sfondi particolari e altro ancora. Poi, una sera, si va a teatro e si scopre, tutto d’un tratto, che la luce perfetta è quella sul palco. Basta inquadrare e scattare. Click. Ed è fatta. Almeno, quella sera al teatro Fraschini di Pavia, mi capitò così.
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Quell’istante decisivo (umilmente)
Nel 1952 Henri Cartier-Bresson pubblica Images à la sauvette, un libro destinato a segnare la storia della fotografia. In Italia il titolo – che letteralmente significa “immagini al volo” – viene tradotto con “L’istante decisivo”. E ogni fotografo, che sia un reporter oppure un amante dalla street photography, sa bene quanto sia importante quell’istante. Il problema è che non sempre si presenta. Molto dipende da quanto e come lo si cerca, come ci si predispone da accoglierlo quando, all’improvviso, ce lo troviamo davanti. In questa mia fotografia, il mio personale istante decisivo è lo sguardo della donna di fronte alla vetrina, che ignora il concerto in corso e guarda gli oggetti esposti.